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Visualizzazione dei post da aprile, 2006

Ho scritto anche a R.P.

Termino qui i post dedicati alla scrittura collegata alla politica, attività che, tanto per fare un’inutile puntualizzazione, ha ben poco a che fare con la politica in senso stretto e anche con la scrittura. Facciamo un passo indietro. I greci sostenevano che solo matematici, filosofi, storici e altri letterati potessero occuparsi delle cose di governo. Insomma, il fior fiore dei pensatori sembrava quello più deputato (gioco di parole) a prendere le decisioni sul futuro della nazione. Pur non facendo parte di questa categoria voglio anch’io dare il mio piccolo contributo. Qualcosa (poco) in questi anni di scrittura, rifiuti, scrittura, piccoli riscontri, scrittura, cassetti pieni l’ho imparato: perché non metterlo a disposizione di altri? Riporto testualmente un articolo tratto dalla pagina della cronaca di Torino del quotidiano La Stampa di venerdì 3 febbraio 2006. Rubrica: Scolpiti della pietra Titolo: Sicuramente Io sottoscritto Consigliere Provinciale R.P., venuto a conoscenza che

Ho scritto a Berlusconi

Che io abbia scritto a un sacco di gente senza ottenere risposta è un fatto ormai risaputo. “Non hai di meglio da fare?” Evidentemente… Nell’elenco non poteva mancare Silvio Berlusconi, che ho disturbato il giorno stesso in cui ho ricevuto l’opuscolo sull’ammodernamento tecnologico portato avanti dal suo governo. Sì, prima o poi gli manderò le bozze del mio nuovo libro pregandolo di intercedere per la pubblicazione presso qualche grande editore. Sono sicuro che non vedrà l'ora di darmi una mano. Intanto ecco alcuni stralci del testo della lettera al premier. “(…)Concordo con Lei sull’importanza di quella che, nella nota di cui sopra, viene definita seconda alfabetizzazione degli italiani. E proprio su questo aspetto vorrei soffermarmi. Sono impiegato in un comune della Provincia di Torino e mi occupo, tra le altre cose, di informatica. I miei colleghi che seguono i lavori pubblici e i contratti mi hanno recentemente chiesto aiuto per capire il funzionamento delle nuove procedure r

Pubblicità elettorale

E abbiamo superato anche le elezioni. E’ andata come è andata: per alcuni è un pareggio, per altri non tanto; per alcuni è una vittoria, per altri non è una sconfitta. Niente di nuovo rispetto al passato, insomma. Per me è un vero sollievo: è finito il periodo di attesa in cui tutto sembrava sospeso e finalmente si potrà ricominciare a darsi da fare su cose concrete. Un esempio? In attesa che qualcuno si degni di pubblicarmi il prossimo romanzo bisogna continuare a pubblicizzare il mio in prima persona . Flashback – una serata tra amici a giocare a Magic alla Gilda . Tra un turno e l’altro Melky mi dice “Hai visto che Fini pubblicizza il tuo libro?” “Stai scherzando, vero?” “No, ci sono i manifesti attaccati ai muri.” E allora ho fatto mente locale e mi sono ricordato di un pomeriggio in cui stavo tornando a casa da Torino. Mi ero imbattuto in una gigantesca pubblicità elettorale notando solo la scritta a caratteri cubitali: in prima persona. “C***O!” ho pensato “ Gordiano ha fatto p

Ho votato

Nel weekend elettorale ho fatto il presidente di seggio e ho constatato che gli italiani hanno (quasi) imparato a votare. Ricordo un ragazzo di molti anni fa che dopo aver messo la scheda nell’urna mi aveva chiesto “l’ho firmata… va bene?”. O i due anziani che parlavano tra loro a voce alta da una cabina all’altra: “Metti la croce sull’albero”, “Lo so! Sono mica stupida!”, “Attenta a non sbagliare!, “Guarda che sei tu quello che non ci vede” e così via. No, nulla di tutto questo. Solo un bambino di tre o quattro anni che entra nel seggio, si infila in una cabina vuota ed esce di corsa urlando “Italia… Uno!” Poi c’è ancora chi che sostiene che la tv non abbia effetti negativi sulle giovani menti. Ma a parte questo, la cosa importante è che ho votato. Volevo farlo, mi è sembrata un’ottima idea, ho pensato che il momento fosse importante e ho partecipato. Vi risparmio il solito pistolotto sul diritto/dovere, sull’opportunità, sul senso civico. Però... chi votare? Ci ho dovuto pensare molt

Quattro domande a destra e a sinistra

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Qualche settimana fa, mentre tornavo a casa in macchina, ho acceso la radio. L’unica stazione che riuscivo a prendere era Radio Radicale, proprio nel bel mezzo della trasmissione di un discorso di Berlusconi. Era il periodo precedente al cuneo fiscale, all’eliminazione dell’ICI, alla tassa di successione, ai coglioni , ecc. ecc. Ho ascoltato Berlusconi per un po’ facendo finta di essere uno delle migliaia di indecisi che si materializzano in Italia prima di ogni elezione. Alla fine mi sono rimaste quattro domande a cui non sono stato in grado di dare risposta, o almeno, di darne una soddisfacente. Ho quindi girato i miei dubbi a due persone che si occupano quotidianamente di politica, Marco Cavicchioli di Il Centrosinistra dei Giovani e Dario Denni di Fare la destra . Tiro di monetina per chi comincia l’intervista doppia, esattamente come nei faccia a faccia della Rai… Dario. Andrea : Il premier ha illustrato come vorrebbe concludere la riforma della giustizia: separazione delle carri

Coglioni

Domenica ci saranno le elezioni. Ho alcuni cose da dire ma aspetto martedì per farlo, quando i giochi saranno fatti. Una cosa, però, vorrei denunciarla sin da subito: dopo questa campagna elettorale ho l’impressione di non conoscere più il significato di parole e numeri. Sono sempre stato attento alle parole : ogni nuova espressione è indice di dove sta andando il mondo. Adesso non le capisco più. Fino a ieri cercando la parola “coglione” su Google ottenevo questi risultati: la definizione “testicolo e fig. per ingiuria, dicesi di uomo da poco”, il geniale test quanto coglione sei? , il blog orsetto coglione . Oggi, invece, ho pagine e pagine che dibattono di questa frase: “ho troppa stima dell'intelligenza degli italiani per pensare che ci siano in giro così tanti coglioni che possano votare contro i propri interessi.” E allora mi chiedo: c’è oggettività nella parola coglione ? O lo stupido è soltanto quello che, in generale, non la pensa come me? Abbiamo tutti la tendenza a inter

I miei primi dieci anni

I numeri tondi (cinque, dieci, venticinque, trenta…) ci danno l’impressione che sia obbligatorio fare il punto della situazione: da un lato quello che avremmo voluto o che ci siamo convinti di aver voluto, dall’altro quello che effettivamente stringiamo tra le mani. In questo anniversario non mi sottraggo a pagare pegno e ripenso a questi dieci anni. Quali dieci anni? I miei (primi?) dieci anni nella pubblica amministrazione. Sono entrato in un comune per puro caso: non conoscevo nessuno, avevo messo alcuni esami di economica pubblica nel piano di studi tirando un dado, avevo saputo di un concorso e presentato domanda. Il lavoro pubblico aveva due requisiti per me fondamentali: mi avrebbe permesso di studiare nei pomeriggi liberi e soprattutto non richiedeva il milite assolto. Benissimo, sono entrato, non sputo nel piatto in cui mangio, anzi, difendo un mondo a volte ingiustamente bistrattato. Tuttavia non posso che chiedermi: cosa mi rimane dopo questi dieci anni? Gratificazioni . Sem