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Visualizzazione dei post da maggio, 2007

Copertine (2)

Qualche tempo fa parlavo delle copertine dei miei libri . Per In prima persona devo ringraziare Tex mentre per Rethor&Lithil Claudia Burlo. Per Odio ho provato a fare da solo e mi sono impegnato un sacco. Ho messo a soqquadro la casa e ho radunato tutti gli ingredienti. E poi via, click click click , mi sono accorto che ogni tanto disattivare il flash non è una cattiva idea, click click click. Questo è il risultato . La foto vuole essere strettamente attinente con il romanzo: le forbici rappresentano il dramma consumato all’interno delle pareti domestiche; il papavero fa riferimento alla frase “i semi dell’odio sono piccoli e neri, come quelli del papavero”; il rosso in alto rappresenta la gelosia, mentre il nero dello sfondo è l’odio; la partecipazione di matrimonio richiama uno dei fatti attorno al quale ruota il romanzo (le nozze di due dei protagonisti). Insomma, ho cercato di riassumere il romanzo in una immagine. Rimane solo una cosa da scoprire: di chi è la partecipazione d

Metti una sera a Volpiano

Paese di torri antiche e abbazie, di una storia più conosciuta all’estero che in Italia, di pensatori e città sepolte. Al solo sentir nominare Volpiano ci si dovrebbe stupire di quanto poco sia ingiustamente famosa. E invece l’unica cosa che ci stupisce è che il correttore ortografico di Word trasforma inesorabilmente il suo nome da Volpiano in Volpino: nemmeno Bill Gates tributa a questo paese il rispetto che meriterebbe. Ma mettiamo da parte questo momento di serietà (o di ironia). Giovedì 17 maggio ore 21,00, quarto d’ora accademico di ritardo, in un sala accogliente della torre di un palazzo d’epoca, secondo appuntamento della rassegna Incontro con l’autore . Dopo Fabio Marangoni (La Tela Nera, Il Foglio Letterario, Magnetica Edizioni) e prima di pittori e registi, la serata è dedicata alla presentazione di Rethor&Lithil. Introduce, professionale e carinissima, Federica Furbatto (inesorabilmente trasformata in Furbetto dal solito Word). Le foto della serata sono disponibili nel

Salone del Libro

È finita. Anche per quest’anno ci siamo tolti il dente. Il sipario è sceso sul Salone del Libro. Mi metto nei panni di un visitatore che entra tanto per fare un giro. Dove va? Un reticolo sterminato di corridoi e numeri civici lo inghiotte con la sua immensità, l’aria condizionata, le persone che si accalcano… cosa fai? Vai da Mondadori, da Feltrinelli, da Garzanti, perché negli altri stand ti perdi: ce ne sono troppi e li guardi appena mentre cammini, coi piedi doloranti, con lo sguardo distratto e sufficiente. Insomma, al posto di andare nella libreria sotto casa, o in quella in centro, vado al Salone perché lì c’è l’happening, c’è Moccia, c’è (spassosissimo) Natalino Balasso con Cirri&Solibello di Caterpillar, c’è il lucidissimo Fruttero. Lo dicevo già un annetto fa in una lettera a Gabriele Ferraris e ne sono ancora convinto adesso: nessuno può competere con l’Evento. Credo che l’unico motivo per andare al Salone è incontrare le piccole case editrici. Ho fatto un giro sabato ma

Catena di libri

Generalmente non mi faccio coinvolgere nelle catene “scrivi i tuoi cinque difetti, i tuoi pregi, i cinque pregi che credi avere ma che per gli altri sono i tuoi peggiori difetti.” Ma questa volta non posso che rispondere alla chiamata della Gatta . I cinque libri più fondamentali della mia vita. Oh, non è facile. La coperta è troppo, troppo piccola. Libri altrettanto fondamentali non possono che restare fuori: cinque spazi sono davvero pochi. La scelta è dura, ma da qualche parte dovrò pur cominciare. Da dove? Da qualcosa di culturale, un classico, magari, qualcosa che fa molto scrittore impegnato. E invece… La saga dei Belgariad (e dei Mallorean) di David Eddings . Tra le saghe fantasy ho scelto questa, la prima che ho letto. L’ironia tagliente di Eddings, la sua capacità di descrivere tipi di personaggi, l’ambientazione fantasiosa ma coerente sono alcuni degli elementi che mi hanno fatto innamorare del fantasy, prima di Brooks, prima di Weis&Hickman, prima di Salvatore. Tutto que

Bene o male?

Una delle metafore fondamentali che il fantasy porta con sé è l’eterna lotta tra bene e male. Nelle favole è sempre chiaro da che parte sta l’uno e da che parte l’altro. Nelle saghe arturiane e nel romanzo cavalleresco è evidente sin da subito chi è l’eroe e chi il cattivo. Nel Il signore degli anelli non c’è possibilità di redenzione per l’Oscuro Signore, mentre è Frodo, il buono, l’ingenuo, il puro, a essere costantemente tentato. Tra l’altro l’assolutezza del male in Tolkien è uno degli elementi maggiormente criticati della sua opera. All’interno di questa lotta destinata a protrarsi fino alla fine dei tempi, verrebbe da chiedersi perché è il male a venir rappresentato con maggiore frequenza, a conquistarsi uno spazio maggiore nella narrazione. In primo luogo credo perché sia molto più alla nostra portata immaginare il diavolo rispetto a Dio. Provateci per un attimo e poi ditemi se è vero il contrario. In secondo luogo penso che nei libri valga la stessa regola che si pone alla bas