Racconti?
Erano anni che avevo un’idea in testa. C’entrava Magritte, il surrealismo e il quadro che rappresenta una pipa e su cui è vergata la frase “questa non è una pipa”. Era un’idea latente, di quelle che rimbalzano da una parete all’altra della scatola cranica ma non prende mai forma. Per un sacco di tempo l’ho portata con me, poi mi sono messo al pc e l’ho trasformata in un racconto.
“Bene. Bravo.”
Dopo aver riempito nove fogli A4, dopo aver letto e riletto, tagliato, corretto e limato ho stampato il raccontino godendomi un paio di minuti di soddisfazione. Poi mi sono chiesto “a che pro?”
Se scrivi un romanzo rischi che non te lo pubblichi nessuno. Ma se scrivi un racconto o una raccolta di racconti sei sicuro di ottenere un solo risultato: più fogli in un cassetto di camera tua. A meno che…
…a meno che non li usi per partecipare a un concorso. In questo ambito un racconto può servire a capire come scrive una persona, a valutare la sua capacità di creare ambienti, personaggi, situazioni e di farlo in poche battute, con risorse limitate. Il racconto diventa un banco di prova superato il quale si potrà (forse) affrontare qualcosa di più difficoltoso come un romanzo.
Anche dopo essermi fatto tutto questo discorso, un po’ di dubbi mi rimangono: siamo sicuri che se scrivi dei bei sonetti tu sia pronto per una commedia? O che se vinci i cinquanta metri di corsa puoi proporti per la maratona? Non so.
Oggi però proprio non me la sento di arrovellarmi il cervello con queste riflessioni. Oggi sono felice, e la causa di questa felicità deriva proprio da un racconto. “Elda” è stato selezionato nell’ambito del concorso “666 passi nel delirio” bandito dal sito LaTelaNera e verrà incluso in una raccolta pubblicata dalla Larcher Editore che vedrà la luce nel prossimo mese di novembre. Applausi.
La cosa che mi rende ancor più felice è che Elda è uno dei personaggi più riusciti che ho creato, tanto che le ho riservato un ruolo importante nel romanzo che ho finito di scrivere domenica scorsa. Manca il titolo, ma per quello c’è tempo. Sapere che una delle sue avventure verrà inclusa in una raccolta mi entusiasma, anche se la versione originale del testo è decisamente più lunga e complessa di quella con cui ho partecipato al concorso.
“Bene. Bravo.”
Dopo aver riempito nove fogli A4, dopo aver letto e riletto, tagliato, corretto e limato ho stampato il raccontino godendomi un paio di minuti di soddisfazione. Poi mi sono chiesto “a che pro?”
Se scrivi un romanzo rischi che non te lo pubblichi nessuno. Ma se scrivi un racconto o una raccolta di racconti sei sicuro di ottenere un solo risultato: più fogli in un cassetto di camera tua. A meno che…
…a meno che non li usi per partecipare a un concorso. In questo ambito un racconto può servire a capire come scrive una persona, a valutare la sua capacità di creare ambienti, personaggi, situazioni e di farlo in poche battute, con risorse limitate. Il racconto diventa un banco di prova superato il quale si potrà (forse) affrontare qualcosa di più difficoltoso come un romanzo.
Anche dopo essermi fatto tutto questo discorso, un po’ di dubbi mi rimangono: siamo sicuri che se scrivi dei bei sonetti tu sia pronto per una commedia? O che se vinci i cinquanta metri di corsa puoi proporti per la maratona? Non so.
Oggi però proprio non me la sento di arrovellarmi il cervello con queste riflessioni. Oggi sono felice, e la causa di questa felicità deriva proprio da un racconto. “Elda” è stato selezionato nell’ambito del concorso “666 passi nel delirio” bandito dal sito LaTelaNera e verrà incluso in una raccolta pubblicata dalla Larcher Editore che vedrà la luce nel prossimo mese di novembre. Applausi.
La cosa che mi rende ancor più felice è che Elda è uno dei personaggi più riusciti che ho creato, tanto che le ho riservato un ruolo importante nel romanzo che ho finito di scrivere domenica scorsa. Manca il titolo, ma per quello c’è tempo. Sapere che una delle sue avventure verrà inclusa in una raccolta mi entusiasma, anche se la versione originale del testo è decisamente più lunga e complessa di quella con cui ho partecipato al concorso.
Adesso potrò godermi un po’ di felicità, riuscendo anche a dimenticare il bisogno di sfogare l’aggressività accumulata che ha caratterizzato questi ultimi mesi.
Un dubbio però non mi abbandona: cosa me ne faccio del racconto su Magritte? Al di là di una facile risposta goliardica (che eviteremo tutti quanti, vero?) credo che sia già soddisfacente aver dato forma all’idea che mi ronzava in testa. E forse il piacere della scrittura sta proprio in questo: dare forma ai nostri personaggi e garantirci soddisfazione. Che sia solo per un paio di minuti o per molto più tempo… poco importa.
Commenti
Mm... ma non dovevano essere vacanze non aggressive?
- il tema "horror" (tra virgolette) dei racconti;
- la lunghezza dei racconti che doveva essere al di sotto delle 666 parole (666 passi...)
E' per questo che ho dovuto "condensare" Elda tagliuzzando la storia di qua e di là.
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