Antonio Caprarica (3)

Egr. Direttore,

Torno a scriverle (vedi qui e qui) in occasione dell’uscita del suo nuovo libro, non solo per i complimenti di rito, ma per metterla a parte delle considerazioni scaturite da una lettura che si è rivelata, concordemente alle mie aspettative, stimolante e arguta.

La prima riguarda una caratteristica che credo sia facilmente riconoscibile in tutto il popolo italico: l’alternanza tra concentrazione ed espansione della prospettiva da cui guardiamo a noi stessi. Mentre leggevo i primi capitoli di “Gli italiani la sanno lunga, o no?” (non più l’annunciato “Italiani brava gente”?) mi è venuta in mente una scena di un film di Nanni Moretti, in cui il protagonista afferma di essere parte di una minoranza e che, anche nel caso questa si trasformi un giorno in maggioranza, lui continuerebbe a sentirsi minoritario. Una visione individualistica in cui, tuttavia, il me stesso si allarga dopo pochi istanti a comprendere la mia famiglia, i miei amici, i destinatari del mio nepotismo o i miei protettori, quelli che la pensano come me e così via, dal particolare al generale fino al limite massimo di un astratto (e precario) senso di nazione.

Non che la parola nazione permanga a lungo nella mente di un italiano, ovviamente, anche perché l’essere fieri della propria italianità non resiste di fronte alle lamentele sulla politica, sulle cose che non funzionano, sul nepotismo (questa volta altrui), sulla degenerazione generalizzata, eccetera. E allora ecco attivarsi il moto che riporterà la prospettiva, questa volta, dal grande al piccolo, dalla nazione ai comuni, dai quartieri alle stanze delle nostre case, in un viaggio in direzione esattamente contraria che ci condurrà nuovamente al voler essere minoranza, anzi, individuo e magari, raggiunto l’obiettivo, a godersi il lusso di non essere d’accordo con noi stessi.

La seconda considerazione riguarda ciò che gli stranieri pensano degli italiani. Oltre a mamma, mafia, pizza, mandolino, Venezia, Roma e Firenze (Torino resta esclusa nonostante le Olimpiadi invernali), mi imbatto spesso in letture che vogliono tributare l’amore nutrito da alcuni scrittori stranieri per la nostra Italia. Quello che più mi colpì, anni fa, fu quello di John Grisham ne “Il broker”. Mentre leggevo il romanzo non sapevo se sentirmi divertito o offeso da considerazioni del tipo “se in un bar una persona ordina un caffè a fine pasto è italiano, mentre se ordina un cappuccino è uno straniero” o “gli italiani pensano soltanto a mangiare e a passare il tempo nei bar e nei ristoranti: il lavoro può aspettare fino a che la pancia non sia completamente riempita”. E cosa dire quando il protagonista, per sfuggire ad alcuni agenti segreti, riesce a dileguarsi nella folla di Milano all’ora di punta sfruttando un azzeccatissimo travestimento con tanto di cappello di paglia e scarpe rosse? Se è questo ciò che pensano di noi…

L’ultima considerazione non è sul contenuto del testo ma sull’evento “è uscito il libro di Caprarica”. Da quando ho pubblicato sul mio blog la mail che le avevo inviato in occasione del precedente, ricevo periodicamente richieste da suoi ammiratori o detrattori desiderosi di conoscere la sua email (che, a quanto sembra, non è riportata in nessun angolo dell’onnisciente internet). A tutti rispondo descrivendo la mia esperienza e consiglio di indirizzare (semplicemente) il messaggio alla redazione del giornale radio da lei diretto. Nel tempo, tuttavia, ho notato una particolarità: le richieste, molto intense subito dopo la pubblicazione del volume sui nostri cugini d’Oltralpe, erano andate diradandosi mentre adesso, grazie a “Italiani brava gente” sono tornate a incrementarsi. Potere della comunicazione globale? Non solo. Credo che dipenda dalla capacità del suo libro di suscitare dibatti e considerazioni, di mettere in moto gli ingranaggi del cervello dei lettori: possono dire lo stesso tanti suoi colleghi giornalisti-scrittori seriali?

Le rinnovo i complimenti e la ringrazio nuovamente per l’attenzione. Stia bene.

Commenti

Betty ha detto…
Approfitto del post per scriverti. Ho finalmente finito Cerchi, non in senso negativo, ma perchè non avevo mai tempo di leggere. E anche se non sono molto perspicace, ho individuato tutti i collegamenti tra un racconto e l'altro.Bella l'opera e carina l'idea. Un solo commento cattivo. Con le figure femminili, sei una carogna!!!!! Uccidimi pure
Andrea Borla ha detto…
Giovedì dell’altra settimana, alla fine di una presentazione, una vecchietta mi ha chiesto: “Ma che problema ha lei con le donne?” L’ho guardata con aria stranita: visto che sono MOLTO interessato al genere femminile, non capivo la domanda. Davvero le fanciulle fanno una così brutta figura nei miei libri? A pensarci bene, forse un po’ sì…
Betty ha detto…
Sono tutte simili e decisamente dominanti, anche nella loro pacata rassegnazione, come la donna delle pulizie. Sono tendenzialmente femminista e perciò sensibile o, irritabile. ..... mi hai dato della vecchietta????????
Nei miei racconti sono invece sempre silenziosamente sottomesse o soppresse da morti assurde. Punti di vista.

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