Fenomeni da baraccone: poeti al Grande Fratello

Non c’è nulla da nascondere: lo guardo tutti gli anni, sin dalla prima edizione. Siete scandalizzati? Peggio per voi. L’appuntamento fisso del giovedì sera con il Grande Fratello è per me irrinunciabile.
Non che ci sia molto di cui appassionarsi, lo ammetto. Paragonatelo al divertimento un po’ perverso di chi visita un bestiario. Qualche mese dopo (ma anche settimana) la maggior parte dei volti viene dimenticata e spesso anche i nomi fanno la stessa fine. Però, nel frattempo, si torva sempre qualcosa di interessante su cui concentrare l’attenzione. Questa volta è il turno de Il Poeta.
La metà dei concorrenti del GF appartengono a quella categoria che a Torino viene definita degli zarri, o degli zamarri, entità che il Word trasforma in ramarri tanto per promuoverli a nuova vita. La loro presenza è un dato di fatto che spero non abbia nulla a che vedere con la statistica: se la casa rappresentasse veramente uno spaccato fedele dell’Italia significherebbe che anche la metà degli italiani è zarra. A quel punto faremmo meglio a smetterla di prendercela con il governo se le cose vanno male.
A volte mi chiedo, però, se in certi contesti facciano più pessima figura gli zarri o gli intellettuali. Volete un esempio? Da una parte abbiamo uno dei concorrenti che chiama casa per farsi mandare vestiti e scarpe: “Aò ma’, ricordate de mandamme le ‘nfradito bianche, quelle da omo!” Dall’altra uno che si presenta con un maglioncino a scacchi del secolo scorso dicendo “Io sono il telone/Io sono il leone/Io sono ieri, oggi e domani/Io sono le mani/che applaudono” e aggiunge “i poeti devono stare con i piedi ben saldi a terra. Non sono certo uccelli che volano in aria. Però devono fare cortocircuito con le nubi.” Ok, quale dei due vi è più simpatico? Io nun ho er minimo dubbio: le ‘nfradito!
Tornando apparentemente serio, mi chiedo se, visti con gli occhi degli altri, scrittori e poeti appaiano tutti così, ridicoli nelle loro convinzioni, e proprio a causa di quella sensibilità che dovrebbe elevarli ma che finisce per trasformarli in fenomeni da baraccone. Dobbiamo vantarci della nostra presunta diversità? È giusto e doveroso farlo, anche solo nei confronti di un ideale di bellezza a cui dovremmo sempre tendere nonostante le barbarie del mondo? Oppure dovremmo lasciar perdere, accantonare certi pensieri artistici e sostituirli con un bel paio di infradito bianche (da omo)?
Ripenso a un’affermazione di Edoardo Sanguineti: i poeti non sono persone che scrivono poesie, ma coloro che si presentano come tali e dal pubblico vengono giudicati degni di quell’appellativo. L’unica cosa che mi sfugge è se Sanguineti abbia mai neanche lontanamente immaginato che il parere del pubblico potesse essere espresso con il televoto, magari nel bel mezzo di una nomination. Che sia anche questo un segno dei tempi che cambiano?

Commenti

Anonimo ha detto…
Il grande fratello non mi piace...meglio l'isola dei famosi,
quello sì è un vero trash show.
E mi son rifatto gli occhietti con la Santarelli.
Andrea Borla ha detto…
Il più trash di tutti era Il Ristorante!!! Neanche Carpenter ha mai osato tanto!

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