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Visualizzazione dei post da dicembre, 2007

Discorsi per Natale

Sta arrivando Natale, e con lui anche i pranzi, i cenoni, i panettoni ingurgitati durante, dopo e invece degli immancabili scambi dei regali. Bisogna prepararsi per tempo. No, non mi riferisco al digiuno che precede l’abbuffata, ma al campionario di argomenti di conversazione di cui ognuno di noi deve munirsi in vista degli incontri con i parenti. Tacere? È un diritto anche questo, non vi pare? E invece no, qualcosa bisogna dire, anche quando ci accorgiamo di non avere argomenti o esperienze in comune. Non si può lasciare campo libero a un imbarazzante silenzio: la buona educazione impone di dare fiato alle trombe. Parlando di cosa, però? Vi lascio a un articolo pubblicato da un mensile della mia zona , in cui faccio un elenco dei migliori argomenti di conversazione che potremo tirare fuori sotto l'albero. Nel frattempo, auguri a tutti, ma soprattutto a quelli sotto il segno della Bilancia e del Cancro (che il prossimo anno avranno Giove in opposizione) e soprattutto ai tapini del

Scrittori

Venerdì ho partecipato a un incontro con gli allievi di un istituto superiore. Sul programma distribuito nelle classi c’era scritto “Come si scrive un romanzo: presentazione di Odio” e, sulla stessa riga, “Andrea Borla – scrittore”. La parola scrittore mi ha lasciato perplesso. Sono abituato a definirmi G.A.S.F., scrittore mi sembra troppo serio. E allora mi sono chiesto cosa diavolo sia uno scrittore. Il problema (sempre che sia un problema) interessa molto di più i poeti, sempre pronti a domandarsi “cos’è un poeta?”. L’ha fatto Dante nel Purgatorio, Franco Loi , Sanguineti, Baudelaire, Mallarmé e via via tutti gli altri. Tra tutte, la miglior definizione sembra quella di Loi, che suona pressappoco come “una persona che parla di cose che non sa, usando parole di cui non conosce il significato.” Porsi questa domanda, esattamente come interrogarsi sull’identità dello scrittore, può apparire un po’ ridicolo. Immaginiamo di trovare un vigile urbano fermo in mezzo a una strada, circondato

Corrado Augias

Egr. Dott. Augias noto da tempo che i mezzi di informazione hanno preso l’abitudine di eliminare i cognomi dei personaggi che popolano sia le pagine della carta stampata che i notiziari trasmessi dalla televisione o dalla radio. Nel caso dei politici (Silvio, Romano, Walter, Piero e così via) questa tendenza è strettamente legata con il costante svuotamento di significato della parola autorità, le cui cause sono in parte collegate alla ventata di antipolitica che continua a imperversare, ma anche al costante bisogno che mostrano i nostri governanti di voler essere (o far credere di essere) vicini alla gente. Questo fenomeno è tuttavia ancora più evidente per le vittime dei fatti di cronaca nera, in particolare per quelli più efferati: Meredith, i fratellini Ciccio e Tore, Chiara e così via fino all’ultras-dj Gabriele. Credo che questo comportamento affondi le sue radici in un bisogno di partecipazione del pubblico che va ben al di là della semplice indignazione o pena. È il bisogno di

Blog – il peggiore

Faccio un’eccezione. Aderisco nuovamente a una catena. Non dovrei farlo, anzi, mi ero impegnato a non farlo mai più. Si dice sempre così prima di ricadere, no? E allora cedo e aderisco alla proposta de La Gatta di un’autocritica sui post del proprio blog. Sarebbe più facile cominciare dalle domande più semplici: il primo post o quello più bello… e invece partiamo da quello di cui mi vergogno di più. Ce n’è più di uno. Sicuramente quello su De Carlo . È un post molto pericoloso: parte da un commento di un amico che accostava i temi e la scrittura di In prima persona a quelli dell’autore di Macno e Due di due . L’ho limato più volte, ma l’impressione è sempre la stessa, un malessere probabilmente derivante dal rischio più che concreto di apparire superbo ( io Andrea accostato a lui Andrea?). Oppure una sfilza di post senza commenti (tra cui quello su editoria e scandali calcistici o quello sui questionari ), di quelli che lasciano il dubbio di essere caduti nel disinteresse generale

Correttore automatico

Sto lavorando alla nuova edizione di Odio e, in preda a una mania di perfezionismo, decido di rivedere daccapo il testo alla ricerca di qualche refuso. Un guizzo di ingegno mi spinge a sperimentare la funzione di correzione automatica di Word 2007. Mai esperimento fu più traumatizzante. Una frase innocua come “non erano piccoli aggiustamenti, ma cambiamenti strutturali” genera un inquietante “la congiunzione ma non deve essere preceduta dalla virgola quando congiunge due parole”. Ok, ne prendo atto. Andiamo avanti. “Mentre entrava in un bar ricavato da un locale lungo e stretto, realizzò che quella era la prima volta in cui si trovava a vestire i panni dell’imprenditore.” Qualcosa da obiettare? Certo: “il verbo realizzare usato al posto di capire, comprendere è un inglesismo da evitare assolutamente. Sostituire con capì, comprese ”. Inglesismo? E allora politically correct cos’è? E cosa dire di “Hai ragione – constatò”? CoNstatare? “L’uso di questa parola è fortemente sconsigliato