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Visualizzazione dei post da gennaio, 2006

Dilemma… fantasy

Eppure dovrebbe valere stessa logica di quando ho scritto il primo (o il secondo, o il terzo) libro. Scrivo perché mi piace, per divertimento ma anche per necessità interiore: la pubblicazione è un enorme punto interrogativo che per alcuni è un di più, per altri resta sempre e comunque lo scopo finale. Ma al di là di questa diatriba apparentemente infinita sulla scrittura come fatto personale o come azione rivolta all’esterno, in questo caso i punti interrogativi diventano tre, forse quattro. Durante le vacanze natalizie ho messo giù gli appunti dei capitoli del primo libro della saga di Rethor e Lithil. I primi sei racconti solo un preludio all’opera completa, e questo lo sapevo già quando ho terminato il primo di essi. Così ho scritto i soggetti, la scansione temporale e, come suggeriva David Eddings, ho stilizzato una mappa dei due regni (Mi sono accorto che Eddings ha ragione: la mappa è una necessità imprescindibile e senza mappa non si va da nessuna parte). Ok, l’intreccio mi pia

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Qualche giorno fa mi sono registrato sul forum di Fabio&Fiamma, i due conduttori di una seguitissima trasmissione radiofonica di Radio2. Devo ammettere che il loro modo di raccontare e definire gli intrecci partendo da particolari quasi insignificanti mi ha molto influenzato nel mio modo di scrivere. Alcuni si ispirano a Hemingway mentre altri… Fattostà che mi registro sul forum e scorro i messaggi. Ne trovo uno su Santa Lucia. Devo ammettere che si tratta di uno di quei casi della vita che adoro: avevo appena finito di rilegare le copie del mio nuovo romanzo (ovvero di quello che spero divenga presto il mio nuovo romanzo) e che avrei da lì a poco spedito a un tot di case editrici tanto per rinfrescarmi la memoria su quanto sia stimolante ricevere stroncature e rifiuti. Il titolo del libro è “Gli equivoci di Santa Lucia”. Entro nel forum e lascio un post beandomi della coincidenza che, manco a dirlo, avevo salutato con felicità. Il giorno dopo trovo un messaggio di un altro utente

Neologismi e parole che tornano. Così evolve il nostro linguaggio.

L’ho fatto per diversi anni guadagnandomi alcune di quelle occhiate che si riservano alle persone strane (dire “tutte sceme” è molto più chiaro, ma fa meno fine): ogni volta che in radio, in televisione o su un giornale sentivo una parola o un’espressione nuova correvo a segnarmela su un foglio di appunti. Alla fine di ogni anno riprendevo fuori ritagli e foglietti e scrivevo un articolo riassuntivo per un periodico della provincia di Torino. Spesso, nella vita, ci si accontenta di poco. Ho sempre pensato che le parole costituissero un importante barometro in grado di segnalarci con un certo anticipo l’evoluzione della nostra società. Ma se si vuole rivolgere lo sguardo al passato invece che al futuro, diventano una sorta di fila di briciole di pane che segna il percorso sinora compiuto. A volte si tratta di veri e propri neologismi, altre volte di semplici espressioni. Alcune di queste, oggi, ci appaiono consuete perché sono riuscite a permeare la nostra quotidianità, anche se appena

…di lettere ormai ne ho spedite.

Ebbene sì, lo confesso: ho scritto a un sacco di gente. Riguardando i file presenti nel mio hard disk disseppellisco lettere per mezzo mondo. Alla Settimana Enigmistica proponevo rebus e cruciverba, a Barbara Palombelli spedivo via mail informazioni sul mio libro ancora in bozza (ma si sa, se non sei una donna o un politico, dalla Palombelli non puoi sperare di avere una qualche attenzione. Il top è essere una donna che ha intrapreso la carriera politica e che scrive un libro parlando di altre donne, magari di un paese in guerra). A Valerio Evangelisti proponevo, finalmente dato alle stampa, In prima persona , mentre se avessi trovato un indirizzo a cui rivolgermi, con Sperling e Kupfer avrei tanto voluto lamentarmi per i quintali di congiuntivi che Linda De Angelis sbaglia (e continua a sbagliare senza che nessuno insorga) nelle traduzioni dei libri di David Eddings. Quando ancora andavo a scuola ho addirittura scritto a Fini: erano i giorni immediatamente dopo il congresso di Fiuggi.

Nuovi standard del fantasy

Una cosa proprio non la capisco: sembra che in giro ci sia un morbo che colpisce gli scrittori fantasy. Quelli horror sono soggetti a un virus chiamato “la casa” mentre quelli di gialli soffrono di “un morto nelle prime venti pagine, uno a metà libro e il colpo di scena nell’ultima facciata”. E gli scrittori fantasy? Il loro nuovo problema si chiama l’esercito di morti . Il virus, come un sacco di altre cose che caratterizzano questo genere, ha origine da Tolkien, anche se ne Il Signore degli Anelli le anime non si alleano con i nemici ma vanno in aiuto dei buoni. Weis&Hickman hanno usato i defunti in due casi: nel ciclo del Death Gate, reinventando termini come risurrezione o Lazzaro , e nella trilogia de La Guerra delle Anime . Salvatore resuscita il padre di Drizzt e lo invia a uccidere il figlio (bellissima la scena della lotta tra i due). E potrei andare avanti. Tutte le volte, però, i Grandi Maestri non inseriscono questo elemento nella narrazione come un fungo in mezzo a un

Il 2005 in libri

A fine anno gli excursus nel passato recente sono un obbligo. Nel mondo reale il 2005 è riassumibile con un elenco di nomi (Wojtyla, Ratzinger, Sgrena, Callipari, Lapo Elkan, Fazio, Fiorani, Ahmadinejad, Abu Masen…). Nel mio personalissimo mondo basta un elenco di libri. Faccio proprio come Moretti in Aprile: accumulo alcune cose soltanto perché mi fanno rabbia. Una persona normale può ritrovarsi a tritare migliaia di pagine già sapendo in partenza che avranno l’effetto di un grappolo di coltellate al fegato? O meglio, una persona dotata di raziocino …? C’è stato un momento in cui, se non avevi letto La ragazza dall’orecchino di perla di Tracy Chevalier, passavi per uno da rinchiudere. Ne ha parlato anche Gerry Scotti a La ruota della fortuna. “Leggetelo, leggetelo che è bello.” Una coltellata. E io, purtroppo, non sono uno di quelli che riesce ad accantonare un libro se dopo venti pagine non è di suo gusto. No, no, vado fino in fondo, così mi faccio ancor più male! E perché non legg