Nuovi standard del fantasy

Una cosa proprio non la capisco: sembra che in giro ci sia un morbo che colpisce gli scrittori fantasy. Quelli horror sono soggetti a un virus chiamato “la casa” mentre quelli di gialli soffrono di “un morto nelle prime venti pagine, uno a metà libro e il colpo di scena nell’ultima facciata”. E gli scrittori fantasy? Il loro nuovo problema si chiama l’esercito di morti.

Il virus, come un sacco di altre cose che caratterizzano questo genere, ha origine da Tolkien, anche se ne Il Signore degli Anelli le anime non si alleano con i nemici ma vanno in aiuto dei buoni. Weis&Hickman hanno usato i defunti in due casi: nel ciclo del Death Gate, reinventando termini come risurrezione o Lazzaro, e nella trilogia de La Guerra delle Anime. Salvatore resuscita il padre di Drizzt e lo invia a uccidere il figlio (bellissima la scena della lotta tra i due). E potrei andare avanti. Tutte le volte, però, i Grandi Maestri non inseriscono questo elemento nella narrazione come un fungo in mezzo a un campo di trifoglio: ogni volta i morti hanno uno scopo ben preciso nella trama (a ben pensarci non sono del tutto sicuro che questo sia vero anche per Tolkien, ma il solo pronunciare queste parole sembra quasi un’eresia).

Nelle ultime pagine del romanzo La missione di Sennar di Licia Troisi, la bimba prodigio del fantasy italiano, inserisce un colpo di scena inaspettato: un esercito di morti si para di fronte ai cavalieri. Stupiti, vi vedo veramente stupiti. Mi chiedo se non ci fosse null’altro da dire a quel punto della storia, ma forse sono io che non capisco. Come può evolvere la situazione è evidente a chi ha letto i primi due libri della trilogia Cronache del Mondo Emerso: tanto per cominciare la protagonista si trova di fronte al cadavere rianimato del suo Unico Amore e non sa se reagire e ribattere ai suoi colpi o abbandonare la lotta (Drizzt?).

E allora sputo veleno sulla fanciulla pubblicata da Mondadori, penso che originalità ed esercito di morti non siano così compatibili tra loro… e mi accorgo di aver usato lo stesso stratagemma anche nel ciclo di Rethor&Lithil! http://www.andreaborla.com/rethorelithil.asp

“Lo stesso stratagemma”… a ben pensarci non è proprio così: ci sono molte ripercussioni e scelte strategiche dietro la riapertura del Confine delle Anime e nel ritorno dei poteri dei Negromanti, molte delle quali sono la base del romanzo che segue i racconti di ambientazione (e che, probabilmente, non avrò modo di scrivere). Ma questo è un altro discorso: tanto, Mondadori non lo pubblicherebbe mai. Anzi, forse non lo pubblicherebbe proprio perché non ho inserito questo elemento nella narrazione come un fungo in mezzo a un campo di trifoglio. Quando il fantasy diventa un’industria non è consigliato staccarsi dagli standard del genere. Se no, che letteratura di genere sarebbe?

I morti stanno diventando un altro ingrediente irrinunciabile del fantasy: gli elfi, i talismani, la ricerca, un passato di grandi guerre, l’eroe… e adesso anche i morti. Che dire? Benvenuti anche a loro.

In rete
www.andreaborla.com/rethorelithil.asp
www.andreaborla.com/blog2005.asp?categoriablog=rethorelithil
www.andreaborla.com/Articoli.asp?ArgomentoArticolo=RethorELithil

Commenti

Anonimo ha detto…
I morti nuovo elemento standar del fantasy?
Tolkien: nel suo caso direi che la funzione dell'esercito dei morti sia abbastanza chiaro... confermare l'identità dell'eroe Aragorn, quale Elendil, erede del trono di Gondor. In quanto solo un legittimo erede potrebbe costringerli a combattere e quindi liberarli dalla maledizione.
Jordan: Esiste nel mondo della Ruota del Tempo il leggendario Corno di Valere, in grado di richiamare gli eroi del passato, quindi eroi defunti, per combattere l'Ultima Battaglia.
Wolfe: la spada magica Eterne quando viene sguainata evoca una schiera di cavalieri morti, tutti eroi che hanno avuto il privilegio di impugnarla nel passato.

La tematica della morte e del ritorno dalla morte è sicuramente un aspetto molto importante in moltissimi libri fantasy. La domanda da porsi è quale sia il significato, all'interno del romanzo, della comparsa di questo elemento.
In Jordan è connaturato alla caratteristica stessa della storia, infatti il tema della circolarità e della rinascita, o meglio, reincarnazione degli eroi del passato, è una costante del susseguirsi delle ere.
In Wolfe il discorso è legato agli spunti norreni, legati cioè alle leggende del Valhalla e del destino degli eroi.
Nel caso della giovane scrittice, edita da Mondadori, forse un significato c'è, ma non avendo letto i suoi libri non so dare una risposta certa.
Non credo, comunque, che si scelga di pubblicare un libro se c'è o non c'è un esercito di morti, almeno me lo auguro.
Certamente l'esercito dei morti è una costante molto meno significativa della magia, della cerca, dell'avventura e del viaggio. Quindi inserirlo negli standard del genere mi pare eccessivo. Se ne può fare a meno, senza perdere in qualità.
Andrea Borla ha detto…
Il mio "non lo pubblicano perchè non ci sono i morti" era del tutto ironico. ;) Ci sono altre logiche, anche se quali siano non lo so. Se ci pensi, per la trilogia della Troisi si sono messi in tre: lei e ben due editor. E il risultato è che il "colpo di scena" dei morti è esageratamente inutile: non serve nè nell'economia di un libro, nè (e questo è l'elemento più grave) in quella della trilogia.

La protagonista è l'ultima dei mezzelfi. Il suo popolo è stato sterminato dal Tiranno. I cadaveri dei mezzelfi non si decompongano: i "cattivi" vogliono che restino a monito per gli altri popoli. Limitandosi a fare uno più uno, forse avrebbe fatto più scena se la protagonista si fosse trovata a froteggiare tutto il suo popolo redivivo. Un paio di morti qua e là sembrano (a mio parere) soltanto il ricorso a un espediente di moda.
Anonimo ha detto…
Onestamene la figura del non morto la trovo estremamente affascinante.Sono convinto che tutti quanti evitiamo di pensare alla morte inconsciamente e sempre inconsciamente essa ci affascini. Ecco perchè i classici vampiri scheletri e fantasmi hanno sempre avuto un grande succeso nella letteratura e nel cinema. E il desiderio di prolungare la nostra vita all'infinito che c'è li fa "ammmirare".
Ritengo che una volta ben caratterrizzati i personaggi non-morti (lord Soth ad esempio) siano sempre ben accetti.
Se poi la figura dell'orda di Zombie o quella del ritorno sottoforma di ammasso di putredine di un vecchio amico sono diventati un clichè del fantasy, beh vuol dire che fanno vendere!

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