Sui mezzi pubblici – Giorni di sciopero

Mi sono accorto di quanto sia differente scrivere un racconto rispetto a un articolo di giornale. Ovvio, direte voi. Mica tanto.
Spesso, infatti, soprattutto quando si parla di costume e di società, il tono, la struttura e la lunghezza di un articolo sono pari pari a quelli dei racconti. Ciò che li distingue è la data di scadenza.
Gli articoli colgono un attimo, una determinata situazione, un insieme di indizi da cui trarre conclusioni più o meno emblematiche sulla direzione che abbiamo preso. Ma è un istante effimero, non destinato a durare nel tempo. Insomma, gli articoli scadono come la mozzarella: se li riprendi in mano a distanza di poche settimane (o anche di pochi giorni) ti accorgi che hanno perso mordente, che i presupposti sono cambiati, che gli eventi si sono susseguiti a folle velocità.
Non capita lo stesso con i racconti. Anche se sono ancorati a un certo avvenimento (mi vengono in mente i cortometraggi sull’Undici Settembre) la loro vita utile è molto più ampia e sembrano resistere alla frenesia e alle intemperie del nostro modo di vivere. Non scadono, o se lo fanno, hanno tempi molto più lunghi.
Un esempio di questo meccanismo è costituito da due articoli che ho scritto per un giornale locale che per un disguido non sono stati pubblicati. Dopo alcuni mesi sono riemersi dalla posta elettronica di uno dei redattori. Abbiamo provato a rispolverarli, solo che, nel frattempo, erano scaduti.
Per fortuna (o per sfortuna) Internet è onnivoro e si nutre di qualunque cosa. Da questo punto di vista un blog è paragonabile a un maiale o a una capra: puoi dargli da mangiare quasi tutto ciò che vuoi, anche gli articoli irranciditi dal tempo. E allora godetevi questo giro sui mezzi pubblici durante lo sciopero dei giornalisti. Buona digestione.



Sono bastati due giorni di sciopero dei giornalisti per cambiare le abitudini dei pendolari. Prima (come se ci fosse davvero un prima e un dopo) si vedevano giornali aperti farsi spazio tra un posto e l’altro dell’autobus o persone che cercavano di leggere gli articoli sbirciando sulle testate comprate da altri. Poi due giorni di blackout.
Qualcuno ripiega su un libro o una rivista, altri sul walkman, ma anche dalla radio non arrivano che brevi notizie. Altri ancora rinunciano, e si lanciano nella conversazione. Il tema principale dei radi discorsi che mi arrivano? L’assenza di notizie.
La sensazione è che, se non c’è nessuno che ci dice cosa capita nel mondo… semplicemente non accada nulla. E’ strano, però, e dovrebbe farci ragionare sulla forza dell’informazione. Fino a ieri si parlava di Mentana che ospita Vespa nel suo programma, di Bonolis che lascia la Serie A, di TAV, dei casseurs francesi in rivolta nella banlieu. Oggi… nulla. Il sipario è sceso addirittura sull’influenza aviaria e tutti i polli del mondo sembrano guariti per miracolo. Chissà se domani, quando lo sciopero dei giornalisti sarà finito, si ammaleranno di nuovo? Speriamo che tutto torni alla normalità entro breve e che qualcuno ci ricordi almeno dell’anniversario di Nassiria.
Percepisco un po’ di malumore da parte di chi pretenderebbe che l’astensione dal lavoro passasse del tutto inosservata, senza causare il ben che minimo fastidio. La Signora in Fucsia, una donna piuttosto vistosa dal viso pacioso, si lamenta del diritto di sciopero in sé. “Ma lei che lavoro fa?” le chiede la ragazza che le siede di fronte. “Lavoro alle Poste” risponde un po’ imbarazzata.
Noto una ragazza che se ne sta in disparte, senza partecipare alla discussione. “Sarà timida?” penso. La guardo e si accorge di me. “Io non posso scioperare” mi dice quasi per scusarsi. “E come mai?” le chiedo stupito. “Lavoro a progetto”. Non sapendo cosa rispondere torno ad abbassare lo sguardo sul mio libro.

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