Gli entusiasti e i silenti

Una cosa che ho imparato in questo tempo dedicato alla scrittura, o meglio agli aspetti pubblici legati alla scrittura, è che non ci si deve fidare degli entusiasti. “È davvero una cosa bellissima che tu abbia scritto un libro. Sai che ti dico? Ti darò una mano perché conosco millemila persone… Ma nel frattempo avrei bisogno di te per…” “Non vedo l’ora di parlare con X e Y del tuo libro, che non ho ancora letto ma che sono sicuro sia bello. Tu però dovresti…” “Organizzo questo evento e vorrei che tu fossi presente. Il tuo libro mi è piaciuto e magari potresti portare un po’ di persone…” “Faccio questa uscita pubblica e vorrei che tu fossi della partita parlando un po’ del tuo libro. Riusciresti a farti dare la disponibilità della sala di…” “Sono diventato il Mega Presidente del F.C.S.T. (N.d.A.: che?) e potrei farti fare una presentazione da noi. Anzi, lo farò molto presto. A proposito di scrivere… avrei bisogno di qualcuno (N.d.A.: chi?) che mi preparasse un intervento per un convegno del C.G.U. (N.d.A.: cosa?) e mi chiedevo se tu…”
Tutti hanno bisogno di qualcuno che dia una mano, sia presente, scriva due righe, aiuti a organizzare prima di essere presentato a millemila persone, prima di essere introdotto a X e Y, prima che l’evento o il convegno abbia luogo. Insomma, tutti promettono qualcosa per un incerto domani e, già che ci sono, chiedono un favore per oggi. Dopo aver riscosso, generalmente, vengono colti da amnesia. Il fenomeno stranissimo è che l’amnesia finisce quando hanno bisogno del successivo favore. In quel momento promettono di nuovo ciò che non manterranno e cercano di riscuotere nuovamente.
L’altra settimana dicevo di essere stufo di un bel po’ di cose. Devo aggiungerne una all’elenco: sono stufo degli entusiasti, o meglio, di quelli che sono entusiasti di loro stessi e usano la lusinga per i loro scopi. Il bello è che credono che io mi beva tutto senza accorgermi della loro falsità.
Poi, al contrario, ci sono persone che non chiedono ma offrono. Un esempio è da ricercare in una proposta che mi è stata fatta alcuni mesi fa: scrivere un racconto di ambientazione fantasy che potesse diventare strumento per insegnare i concetti base della qualità ai ragazzi delle scuole medie. Una delle caratteristiche più importanti del fantasy è il potenziale allegorico del genere, che permette molto più che in altri contesti di parlare di una cosa intendendone un’altra. E allora perché non sfruttarlo?
Ho preso l’occasione al balzo reagendo con entusiasmo e ho sfruttato l’ambientazione di Rethor&Lithil per scrivere “Il confine del nord”, una vicenda che si inserisce tra “Il battito del cuore” e “Il confine delle anime”.
Il prototipo del progetto, di cui il racconto costituisce solo uno degli elementi, è stato presentato nello stand del Ministero dell’Istruzione all’ultimo Salone del Libro di Torino. Non l’ha saputo nessuno o quasi, ma vado molto fiero di questo tanto positivo quanto silente risultato.
Chi mi ha coinvolto in questa iniziativa, che rientra nel più ampio Progetto A.L.I.C.E. è una di quelle persone che dovrebbero essere ringraziate pubblicamente, quelle che danno senza secondi fini, quelle che non promettono chiedendo una contropartita in anticipo. Ma sono anche le persone che non vogliono comparire, quelle che agiscono in silenzio e che vanno stimate ancor di più proprio per questo motivo.

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