Niccolò Ammaniti
Un padre ubriacone e manesco, un figlio diviso tra l’amore e l’odio verso l’unico genitore rimastogli, una coppia di sbandati, due ragazzine che giocano a fare le trasgressive, un assistente sociale bisognoso lui stesso di assistenza sono solo alcuni dei personaggi che Niccolò Ammaniti raccoglie sul palco del suo ultimo romanzo, Come Dio comanda.
Ognuno di essi si muove nell’indistinto panorama di una bassa padana fatta di abitazioni modeste e capannoni industriali, priva di veri e propri e agglomerati urbani. In questo ambiente quasi de-umanizzato Ammaniti descrive con linguaggio tagliente miserie morali e materiali e lo fa senza il ben che minimo accenno di tenerezza o pietà nei confronti dei suoi personaggi.
I motivi per amare questo libro sono gli stessi che possono spingere ad accantonarlo dopo poche pagine. Chi cerca nella lettura segni di speranza o di redenzione sulle prime resta deluso. Il senso di abbandono e di sconforto che si respira capitolo dopo capitolo traspare dalle parole di uno dei personaggi: Dio se la prende sempre con i più deboli.
Eppure, nonostante tutto, è quello stesso Dio sadico e vilipeso che sembra guardare con occhio benevolo anche chi, a dispetto dei propri sforzi, non riesce mai a riscattarsi. La speranza è nascosta dietro l’angolo ed è lì ad attenderci, sempre che non finiamo per gettare al vento le occasioni che la vita ci offre per risollevare la testa.
Niccolò Ammaniti ritorna finalmente a produrre testi di ottimo livello, caratterizzati da un buon ritmo narrativo e da idee piuttosto originali. Gli intrecci e le vicende narrate sfociano in alcuni casi nel grottesco, ma questi rari momenti di calo non rendono meno godibile la lettura.
Si potrebbe dire “bentornato” a un autore che, seppur non riuscendo a raggiungere le vette di “Ti prendo e ti porto via”, si ripropone ai suoi lettori con un romanzo di tutto rispetto.
Ognuno di essi si muove nell’indistinto panorama di una bassa padana fatta di abitazioni modeste e capannoni industriali, priva di veri e propri e agglomerati urbani. In questo ambiente quasi de-umanizzato Ammaniti descrive con linguaggio tagliente miserie morali e materiali e lo fa senza il ben che minimo accenno di tenerezza o pietà nei confronti dei suoi personaggi.
I motivi per amare questo libro sono gli stessi che possono spingere ad accantonarlo dopo poche pagine. Chi cerca nella lettura segni di speranza o di redenzione sulle prime resta deluso. Il senso di abbandono e di sconforto che si respira capitolo dopo capitolo traspare dalle parole di uno dei personaggi: Dio se la prende sempre con i più deboli.
Eppure, nonostante tutto, è quello stesso Dio sadico e vilipeso che sembra guardare con occhio benevolo anche chi, a dispetto dei propri sforzi, non riesce mai a riscattarsi. La speranza è nascosta dietro l’angolo ed è lì ad attenderci, sempre che non finiamo per gettare al vento le occasioni che la vita ci offre per risollevare la testa.
Niccolò Ammaniti ritorna finalmente a produrre testi di ottimo livello, caratterizzati da un buon ritmo narrativo e da idee piuttosto originali. Gli intrecci e le vicende narrate sfociano in alcuni casi nel grottesco, ma questi rari momenti di calo non rendono meno godibile la lettura.
Si potrebbe dire “bentornato” a un autore che, seppur non riuscendo a raggiungere le vette di “Ti prendo e ti porto via”, si ripropone ai suoi lettori con un romanzo di tutto rispetto.
Niccolò Ammaniti – Come Dio comanda – Mondatori (2006) – pagine 495 – € 19,00
Commenti
E per di più prenderle al volo non è mai stata la mia capacità n. 1, anzi.
per me è stata la conferma di un autore finito che ha tergiversato un sacco di tempo prima di decidersi a far uscire un romanzo dopo "io non ho paura". e dopo aver letto "come dio comanda" ho intuito qual era il motivo: non c'era materiale buono per un uscita di un certo livello. nel mentre s'è perso in una rivisitazione a fumetti, in una sbrodolatura su rollingstone che porta via spazio a recensioni di cd (!!!) e in altre cose di dubbio valore (romanzo collettivo, racconti sparsi...).
dov'è finito l'ammaniti di "l'ultimo capodanno"? di "ti prendo e ti porto via?" di "branchie"? di "io non ho paura"?
Il fumetto e Rolling Stones (e che dire del racconto su Crimini, con annesso film per la Rai?) sono cose più che inutili. Io però considero "io non ho paura" come il picco più basso della sua produzione. Se non ci fosse stato l'evento mediatico creato dalla contemporaneità tra film e romanzo, se Ammaniti non fosse stato così famoso, se non ci fosse stata la caratterizzazione di Abatantuono non credo che avrebbe avuto tutto quel successo.
Se io avessi scritto un libro così, con "sputare" ripetuto decine di volte nelle prime 50 pagine, con un ritmo narrativo da Liala, sarebbe finito nella pila "carta da riciclo".