Zygmunt Bauman

Nel weekend i media hanno parlato molto di liquidità delle convinzioni della nostra società, in particolare per quanto attiene alla fede. E tutti ad applaudire per l’arguzia di questo concetto. Non per offendere nessuno, ma vorrei ricordare che il papà di questa espressione è Zygmunt Bauman, filosofo e scrittore, che tiene una rubrica in un inserto di Repubblica e a cui, qualche mese fa, ho inviato questa lettera.

Egr. Sig. Bauman,

Qualche mese fa un amico mi ha parlato di una breve tesina a cui stava lavorando. La discussione era incentrata sul modo in cui un cristiano vive la fede nel mondo e nella società di oggi. Il sottinteso riguardava le difficoltà del professare il proprio credo non solo con le parole ma con l’esempio, con le azioni che ognuno di noi compie tutti i giorni quando non è confinato tra le mura di un luogo di culto ma si trova a tu per tu con gli altri.
Questa esperienza è comune a tutti i credenti: quando si mette piede nel mondo, quella che in maniera astratta e semplicistica ho definito gli altri assume l’identità di singole persone le cui convinzioni e il cui modo di vivere, nella maggior parte dei casi, non collima con le regole fissate dalla religione.
È in quel terreno di battaglia, ben diverso dalla tranquilla e riparata condizione della meditazione e della protezione fornita da una comunità, che la lotta tra l’uomo e le tentazioni si fa concreta e le nostre convinzioni sono messe alla prova.
Indicai al mio amico la traccia che avrei seguito per sviluppare quel tema: l’uomo di fede mette alla prova il proprio credo quando si trova in posizione dialettica rispetto a persone che non la pensano come lui. Se questa affermazione è vera in ogni epoca e in ogni tempo, lo è ancora di più nel mondo di oggi, in cui internet e la tecnologia consentono di mettere in contatto immediato persone che un tempo non avrebbero mai avuto possibilità di parlarsi. Così si scopre che ciò che abbiamo sempre considerato verità di fede è declassata da milioni di nostri simili a una semplice e confutabile opinione.Quando arrivai a casa al termine della serata, mi venne in mente il contenuto di un ritaglio che conservo in un cassetto della scrivania. Era l’articolo con cui dava avvio alla sua rubrica “Lettere dal mondo liquido” e in cui introduceva il pensiero di una conoscenza (e di una coscienza?) che cambia ogni giorno adattandosi e rimodellandosi costantemente alla forma del mondo. Feci una fotocopia del testo e lo inviai al mio amico.
Com’è giusto che sia, lui scelse una strada completamente diversa per avventurarsi in un tema così impegnativo: parlò semplicemente dei fatti più significativi della sua vita, di quelli che hanno influenzato in maniera puntuale il suo essere credente. E forse è giusto così. Mi piace tuttavia riproporle questo spunto di riflessione: è inevitabile rassegnarci a un mondo in cui la fede è opinione?

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