Andrea Camilleri – Il birraio di Preston

Dieci ore di lavoro, di corsa per raggiungere la macchina solo per ritrovarmi a passo di lumaca nel traffico. Mangio un panino mentre la coda avanza, poi in apnea verso il teatro con la mente distratta da un languorino che ricorda la Contessa di Ambrogio. Il Mac Donalds mi attira. “Un muffin” chiedo. “Sono finiti”. Delusione. “Ma abbiamo gli apple pie”. Come resistere?
Non sono attento ai dettagli. La superficialità è uno dei miei difetti più evidenti. Purtroppo, per quanti sforzi facciamo, cambiare è difficile, se non quasi impossibile. Se così non fosse avrei notato le scritte sulla confezione dell’apple pie. Un avvertimento in tutte le lingue del mondo: contenuto caldo.
Le sensazioni sono soggettive per definizione
. Ci sono tuttavia evidenze innegabili. Qualunque cosa che supera i cento gradi non è calda. È bollente. Ustionante, magari. Ma calda proprio no. E quando corri per non arrivare in ritardo, quando non presti attenzione agli avvertimenti, quando sei troppo concentrato sullo scopo piuttosto che sul contesto, un gesto si può trasformare in un disastro.
Arrivo di fronte al Carignano. Signore imbellettate, accompagnate da signori dall’aria seria, sono in piedi in attesa. Alcuni amano il teatro e non vedono l’ora di entrare, altri fanno finta ma sono costretti a presenziare. Non so cosa direbbero gli uni e gli altri se sputassi per terra il tizzone bollente che continuo a rigirarmi in bocca. Catalogherebbero la scena come raccapricciante o esulterebbero regalandomi un applauso?
Cado esausto su una poltrona rossa. La mia mente registra una stranezza: in sala ci sono diversi posti vuoti. Ma non me ne curo. Crollo per il sonno, ma in extremis, grazie a un barlume di coscienza, riesco a puntellarmi con un braccio. Prima che le palpebre si chiudano fisso una scritta vergata sul sipario. “Il birraio di Preston”. Poi non vedo più nulla.
Non vedo gli attori entrare da una porta laterale. Non vedo i costumi in stile ottocento, le tube in testa dei signori e i vestiti larghi delle dame. Non vedo la recita cominciare in mezzo al pubblico. Non vedo i protagonisti sedersi sulle poltrone vuote di fianco a me. Non vedo niente perché sto dormendo. Mi perdo tutto, finché una gomitata improvvisa mi sveglia.
Sì, gli attori mescolati tra il pubblico si sono molto risentiti quando hanno visto che dormivo.
Non so se l’hanno considerato un mero rischio del mestiere.

Commenti

Patty ha detto…
Dopo 10 ore di lavoro al massimo mi vado a mangiare una pizza.. ma è sicuramente da apprezzare chi sa reagire e fare cose diverse. Per fortuna non siamo tutti uguali

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