Zapatero e le fiabe (il tema 1)
Zapatero è troppo avanti. Troppo. In nome dell’uguaglianza tra i sessi, in Spagna è cominciata una lotta contro le fiabe tradizionali, quelle del principe aitante e della principessa indifesa. Troppo sessiste. Perché il principe non può essere indifeso e, parimenti, la principessa aitante? Perché il principe deve arrivare sul cavallo bianco, solo per trovare la futura principessa alle prese con scopa e strofinaccio? La parità prima di tutto: che il principe strofini, oppure che certi temi vengano banditi!
Questa è democrazia, almeno dalle parti di Zapatero. E vissero felici, uguali e contenti.
Inutile dire che qui da noi le cose vanno in maniera molto diversa. Le nostre vituperate scuole elementari (ah, quelle spagnole!) spiegano agli alunni le modalità con cui sono nati i miti. E, ovviamente, chiedono di replicarne i meccanismi creando vere e proprie fiabe originali.
“Stiamo componendo” mi dice un’amica al telefono mentre aiuta la figlia a fare i compiti. Il tema? “La nascita del papavero” risponde. Cosa? “Eh, magari per te è facile, ma non tutti hanno fantasia”.
Ci penso e capisco subito che non è per niente immediato. Anzi. Perché il papavero è rosso? Un omicidio. È chiaro. Lui la tradisce, lei lo smaschera e lo colpisce con un paio di forbici. Lui, poco virile, scappa in un prato ricoperto di fiori bianchi. Ma la fuga dura poco: lei lo raggiunge e lo finisce. Il colore dei petali cambia in rosso sotto gli occhi dell’assassina. Monito e maledizione.
O qualcosa sulla droga, magari che c’entra con gli dei. Un festino sull’Olimpo, l’abuso, Morfeo che si fa una pista, perde la cognizione e dà una testata contro lo spigolo del comodino di Apollo. Il sangue del dio che cade sul papavero e il rosso è spiegato.
“Ma non sono temi che può presentare una bambina!” mi redarguisce la mamma.
Che dire? Ha ragione. Siamo in Italia. Qui alle bambine piacciono Cenerentola e Biancaneve, mentre i bambini seguono modelli un po’ più deleteri come i pirati di Capitan Uncino. Certo, non siamo mica la Spagna di Zapatero. Lì ce l’hanno con la religione e una fiaba sull’abuso di droga da parte degli dei sarebbe la benvenuta. E quella della ragazza sottomessa che si ribella e si vendica? Un trionfo!
Ha ragione Zapatero, come al solito. Siamo noi che siamo indietro. Anche nelle fiabe.
Questa è democrazia, almeno dalle parti di Zapatero. E vissero felici, uguali e contenti.
Inutile dire che qui da noi le cose vanno in maniera molto diversa. Le nostre vituperate scuole elementari (ah, quelle spagnole!) spiegano agli alunni le modalità con cui sono nati i miti. E, ovviamente, chiedono di replicarne i meccanismi creando vere e proprie fiabe originali.
“Stiamo componendo” mi dice un’amica al telefono mentre aiuta la figlia a fare i compiti. Il tema? “La nascita del papavero” risponde. Cosa? “Eh, magari per te è facile, ma non tutti hanno fantasia”.
Ci penso e capisco subito che non è per niente immediato. Anzi. Perché il papavero è rosso? Un omicidio. È chiaro. Lui la tradisce, lei lo smaschera e lo colpisce con un paio di forbici. Lui, poco virile, scappa in un prato ricoperto di fiori bianchi. Ma la fuga dura poco: lei lo raggiunge e lo finisce. Il colore dei petali cambia in rosso sotto gli occhi dell’assassina. Monito e maledizione.
O qualcosa sulla droga, magari che c’entra con gli dei. Un festino sull’Olimpo, l’abuso, Morfeo che si fa una pista, perde la cognizione e dà una testata contro lo spigolo del comodino di Apollo. Il sangue del dio che cade sul papavero e il rosso è spiegato.
“Ma non sono temi che può presentare una bambina!” mi redarguisce la mamma.
Che dire? Ha ragione. Siamo in Italia. Qui alle bambine piacciono Cenerentola e Biancaneve, mentre i bambini seguono modelli un po’ più deleteri come i pirati di Capitan Uncino. Certo, non siamo mica la Spagna di Zapatero. Lì ce l’hanno con la religione e una fiaba sull’abuso di droga da parte degli dei sarebbe la benvenuta. E quella della ragazza sottomessa che si ribella e si vendica? Un trionfo!
Ha ragione Zapatero, come al solito. Siamo noi che siamo indietro. Anche nelle fiabe.
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