Un giorno di ferie

Non scrivendo (letteratura) per mestiere, il tempo per la scrittura non può che essere rubato alle altre occupazioni. E quando non si può smettere di dormire, non si può che prendere un giorno di ferie da dedicare a carta e penna.
Le cose, però, non vanno sempre nella direzione sperata. Mi sveglio tardi. Poi la colazione (con calma), la lavapiatti da svuotare, i panni da stendere, il letto da rifare. Poi la televisione. Non si dovrebbe, soprattutto la mattina, però la tentazione è forte. Il risultato è che resto ipnotizzato di fronte a una dimostrazione della funzionalità di uno sminuzzature elettrico.
È un apparecchio geniale. Due lame che mescolano, triturano o sminuzzano a seconda delle necessità. Mi accoglie un tripudio di pezzi di verdure e frutta variopinti che si accumulano in ciotole e scodelle. Lo voglio. È impedibile. Come posso farne a meno? Ok, non mi piace né la frutta né la verdura, però… come resistere quando lo chef mette dei cubetti di cemento (!) nell’apparecchio e li riduce in polvere? “Questo non vuol dire che a casa vostra mangiate il cemento” aggiunge. Un genio della comunicazione.
Dovrei sedermi di fronte al computer. Eppure una botta di sonno tardiva mi abbatte. Mi sdraio (ma solo per un momento) sul divano. Dormo (ma solo per un momento). Quando mi sveglio (ma solo per un momento) è passata da un pezzo l’ora di pranzo.
Quando mi metto a scrivere sono le quattro di pomeriggio. Ma alle cinque c’è la palestra.
L’unica soluzione? Un altro giorno di ferie. Domani, magari. Sperando che qualcosa sia diverso. Con una sola eccezione: toglietemi tutto, ma lo sminuzzature no.

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