Antonio Caprarica - Papaveri e Papere

Concludiamo l'anno, così, senza saper dire se in bellezza o meno. Si vedrà. Le congiunzioni astrali del 2011 sembrano molto infauste, soprattutto per chi crede agli astri. Io sono tra quelli.
Per congedarmi dal 2010 scelgo una nuova lettera per un quasi consueto destinatario, Antonio Caprarica, a cui non mi trattengo dal comunicare, libro dopo libro, i pensieri derivanti dalla lettura. Stima e gratitudine eterna. E buon anno.
Egr. Direttore,

con colpevole ritardo rispetto all’uscita in libreria, ho appena terminato la lettura di “Papaveri & papere”, la sua storia universale delle gaffe dei potenti. Come ormai di consueto, non resisto dal metterla al corrente sulle riflessioni che il volume mi ha suscitato.

Sono bastate meno di dieci pagine per rendermi conto di provare una buona dose di solidarietà verso Joe Biden, l’attuale vice presidente americano. Qualche tempo fa sono arrivato in anticipo a una riunione e ho chiamato una delle persone che dovevano incontrare chiedendole di presentarsi il prima possibile: un altra appuntamento mi attendeva da lì a poco e non potevo trattenermi a lungo. Quando il mio interlocutore è arrivato, ho esordito con un distensivo “Mi spiace di averti fatto correre”. “Magari” mi ha risposto lui, mentre spingeva con le mani sulle ruote della carrozzina. In quel momento ho capito di agognare, in cuor mio, l’invenzione di un pulsante del teletrasporto.

La carrellata di politici che presenta nel libro mi ha fatto venire ricordare un’altra mia gaffe di altissimo livello. Anni fa, durante una festicciola, un voce alle mie spalle ha sentenziato il più classico “chi sa fare fa, chi non sa fare insegna”. In automatico, tanto per contribuire all’ilarità generale, ho aggiunto l’altrettanto famoso corollario di questa legge universale: “e chi non sa insegnare amministra”. Non appena terminata la frase, ho notato che l’ilarità si era azzerata in un attimo, sostituita da un silenzio glaciale. Il motivo? Quasi tutti i presenti erano politici più o meno di professione. Come può immaginare, nessuno si è astenuto dal farmi sapere quanto ha apprezzato il mio commento.

Potrei continuare con altri aneddoti, pescati qua e là nel mio repertorio di vita vissuta. Potrei, ma non lo faccio per non lasciarmi andare alla logorrea. Come potrei anche dedicare lo spazio rimanente a parlarle dei libri che ho scritto e pubblicato con case editrici rigorosamente non a pagamento. Potrei dilungarmi sui romanzi che giacciono in un cassetto del mio computer in attesa che un grande editore li scopra, e me con loro. Potrei avanzare una velata richiesta di segnalazione da parte sua, magari una parola sufficiente a far arrivare un mio manoscritto sulla scrivania di qualcuno che potrebbe leggerlo invece che destinarlo immediatamente al cestino della carta da riciclo. Potrei, ma qualcosa mi dice di non farlo. Vado verso la libreria e cerco il suo “Gli italiani la sanno lunga… o no?”. Mi basta la lettura qualche pagina per ricordarmi cosa pensa di chi si affida alle raccomandazioni per emergere. Non vorrei fare la stessa fine della giornalista raccomandata da un prelato. E così desisto.

Be’, anche questa storiella, in parte mancata, porta con sé un lato positivo: se avessi dato retta all’istinto, senza fermarmi a riflettere, sarei finito per aggiungere una gaffe alle tante di cui già mi fregio. Per fortuna, questa volta, mi sono trattenuto.

Rinnovando la consueta stima che nutro per lei, ne approfitto per inviare i miei migliori auguri a lei e a sua moglie.

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