Lettera a Papa Francesco
Doveva succedere, prima o poi. E quale occasione poteva essere più proficua se non l'invio di una copia de Il Decalogo al Papa? Tanto per sperare nella scomunica...
A Sua Santità
Papa Francesco
Avrei voluto iniziare questa lettera
con un “Caro Papa Francesco”, un tocco forse troppo colloquiale per chi si
rivolge a una personalità religiosa e sociale come la Sua. Mi sono trattenuto
nonostante l’immagine che ho di Lei mi rimandi a quella di un sacerdote, più
che di un Papa.
Associo questa immagine, più vicina e
“confortante”, alla prima impressione che ho avuto di Lei sin da quando,
presentatosi alla folla di piazza San Pietro la sera della Sua elezione,
cominciò a recitare il Padre Nostro, segnando con questo semplice gesto una
robusta discontinuità con il recente passato della Chiesa.
Il Padre Nostro mi è sempre stato
molto caro, tanto da spingermi due anni fa a dedicare a questa preghiera l'antologia
“Pater Noster - Dodici vittime per cui pregare” in cui ogni verso si
trasformava nello spunto per un racconto che conduceva il lettore da
"Padre Nostro" al conclusivo "Amen".
Con "Il Decalogo", il volume
da me curato che Le invio e che spero vorrà accettare in dono, ho deciso di
seguire una formula simile, seppur incentrata sui Dieci Comandamenti. Non si
tratta di un testo religioso, anche se trae fondamento e ispirazione nella
“cultura cattolica” che permea il nostro Paese e che vediamo spesso negata e
violata.
"Il Decalogo" mira a presentare
i Dieci Comandamenti in una versione attualizzata, associando ognuno di essi a
un racconto uscito dalla penna di un diverso autore. Tali precetti appaiono o
vengono percepiti come lontani, distanti nel tempo e dalla quotidianità della
vita. Gli autori dei racconti dimostrano come, al
contrario, essi mantengano la loro attualità anche in una realtà fortemente
dinamica come quella della nostra società.
Spero vivamente possa dedicare alcuni
momenti alla lettura del volume, che contiene, tra gli altri, due miei racconti.
Il primo, introduttivo, “Non perdere la speranza” rappresenta il comandamento
che ritengo essere più spesso violato in questo periodo di crisi economica e
morale, a cui si affianca il conclusivo “Non amare”, l'opposto del Comandamento
lasciatoci da Gesù nel Nuovo Testamento, "ama il prossimo tuo come te
stesso".
Le auguro di proseguire il Suo
Ministero con entusiasmo, rinnovando in Lei la speranza a ogni passo, così da poterla
trasmettere al prossimo.
Con i miei più cari saluti.
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