Librerie

Ieri ho ricevuto una mail di Alessandro Cascio, un ottimo scrittore de Il Foglio. La sua lamentela va verso le librerie che ignorano gli scrittori emergenti e non si degnano nemmeno di ordinare i loro libri.

“In seguito alle lamentele di 30 persone circa l'irreperibilità del mio libro ho approfondito il discorso e io e una persona a me cara ci siamo accorti che non lo ordinano neppure. (…) Mi era già capitato a Milano (…) una ragazza milanese che aveva attraversato la città per quel libro. (…) ho un cumulo di librerie che dovrebbero, se non vendere, almeno ordinare il mio libro. Se queste non lo fanno, la gente farà tanta strada per nulla (…) E' per correttezza nei confronti dei lettori.”

Se ti presenti in una libreria con il tuo libro in mano il minimo che puoi leggere negli occhi del libraio è un misto di “Poverino! Da aspirante scrittore a venditore porta a porta!” ed “Eccone un altro che si è fatto stampare un libro a pagamento e cerca di rifilarmelo”. A quel punto ci metti del tuo per fargli capire che Il Foglio non è una tipografia ma una casa editrice, che il mondo dell’editoria italiana vuole che gli scrittori siano un po’ imprenditori di loro stessi, che tu sei fiero (?!?) della gavetta che stai facendo eccetera. In quei momenti mi sono chiesto più volte “ma chi me l’ha fatto fare?”
Da un certo punto di vista capisco il libraio che deve far quadrare i conti a fine mese: molti non considerano remunerativo prendere in carico un titolo di una piccola casa editrice che nella migliore delle ipotesi farà vendere cinque/dieci copie. È molto più semplice prendere un blocco da 12+1 copie di un libro di Mondatori e darlo in pasto ai clienti senza nessuno sforzo aggiuntivo. Purtroppo per noi non ci sono quasi più librai intesi come “diffusori di cultura”.
“Ma il libraio è lì per vendere libri: perché non soddisfa il cliente?” Perché nove volte su dieci gli vende ugualmente qualcosa: se non è il mio romanzo è un altro, ma l’incasso è uguale. Un sacco di persone mi hanno detto “Sono andato in quella libreria lì e ho chiesto il tuo libro ma non ce l’avevano.” “E cosa hai fatto?” “Ho comprato…” Il cliente vuole semplicità nell’acquisto. “Compratelo via internet” e “ordinatelo a Il Foglio” per molti costituisce uno sforzo eccessivo. Vanno al supermercato e comprano qualche altro libro. In questo caso il problema sta nel cliente e non nel libraio, ma la fonte è la stessa: non mi voglio stressare per un libro.
Se poi convinci una libreria a distribuire il tuo romanzo non hai finito di penare. A me è capitato con Petrini, una delle librerie storiche più prestigiose di Torino. Adesso è di proprietà del Gruppo Abele di Don Ciotti e già questo dovrebbe essere di aiuto. E invece… di ordinare il libro da Il Foglio neanche a parlarne, hanno ritirato qualche copia di quelle che uso per le presentazioni (cosa che a me personalmente non piace: anche per una questione di immagine preferisco che le librerie abbiano contatti diretti con la casa editrice) e non hanno fatto la ben che minima promozione. Alla fine ho rinunciato a un punto vendita prestigioso e in centro perché ero stufo di sentire le persone che si lamentavano di non averci trovato il mio libro. E meno male che lo avevano in casa.
Poi, si sa, le mele marce ci sono un po’ ovunque. Un giorno ho telefonato alla Torre di Abele chiedendo come stesse andando “In prima persona”. “Ho venduto tre copie” mi hanno risposto. “Un vero best seller.” No, non gli ho devastato il negozio per rispetto verso Don Ciotti, ma un paio di pensieri sulla possibilità di dar fuoco alla macchina del commesso devo dire di averli fatti.

Commenti

Anonimo ha detto…
Parlarne sempre e sempre e ancora e ancora e comunque.
Dire alla genete di insistere con le librerie, di non farsi sorprendere sprovveduti e sprovvisti. Parlare con i librai, quando lo si può fare.

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