Strappare o non strappare? (2)

“Desidera altro?” mi chiede il cameriere, inspiegabilmente materializzato al mio fianco.
Da quanto tempo è lì? Posso non averlo notato prima? Mi osserva già da un po’? Più che osservarmi… sbaglio o mi sta squadrando da testa a piedi?
Lo guardo. Poi guardo la mia mano che stringe, umidiccia di sudore, il pezzo di giornale. Il sudore è comparso con la stessa velocità del cameriere. Un secondo, un attimo, una frazione infinitesimale di tempo.
Reazione. Dovrei vergognarmi, ma non ne sono del tutto sicuro. Alla fine cedo: mi vergogno come un cane. Vorrei scomparire, essere teletrasportato altrove, in un altrove molto distante da qui, diventare invisibile o produrmi in un gesto di magia, di quelli alla Silvan, e pronunciare Sim-sala-bim o Abracadabra e far scomparire l’oggetto del reato.
Ma la vergogna mi paralizza, come il veleno del ragno fa con la preda intrappolata nella ragnatela. C’è modo di venirne fuori? Di riparare, di porre rimedio? Come posso risarcire il cameriere, il titolare del bar, il padrone dei locali? E gli altri avventori, ignari del mio peccato? Come? Come? Come?
“Un caffè” dico guardandolo dritto negli occhi.
È stupito. Non se l’aspettava. Credeva mi mettessi piangere? In realtà lo sto per fare, ma non voglio farglielo sapere. Forse dovrei aggiungere qualcosa.
“Lungo, per cortesia.”
Mi fissa negli occhi, indica il pezzo di carta che ho in mano, mette su un’aria da Grande Inquisitore.
“Questo?” chiedo. “Ha ragione, lo metto via subito.” E faccio scomparire il ritaglio in una tasca. “Grazie” dico per congedarlo. Poi riapro la rivista e sfoglio una pagina dopo l’altra per darmi un contegno.
Sembro tranquillo e beato, ma dentro di me vorrei morire o anche solo avere un alibi, spiegare quello che non posso spiegare, gridare il mio peccato e chiedere perdono. Ma non faccio nulla di tutto ciò.
Per convincermi di non sentire il rossore comparso sulle mie gote, e nemmeno il martellare del sangue nelle vene, mi metto a leggere gli altri articoli della rivista che ho menomato, quelli che prima ho ignorato con superficialità o a cui ho dedicato solo qualche secondo. A ben vedere ce ne sono un paio di interessanti. Anzi, questo è davvero carino. Vorrei tanto avere la possibilità di portarmelo a casa, di rileggerlo con calma, magari sul divano, dopo cena. Quasi quasi lo tiro via. Sì, mentre aspetto il caffè lungo che ho appena ordinato. Si potrebbe anche fare. Voi che dite? Lo strappo o non lo strappo?

Commenti

Betty ha detto…
strappa. Ormai il danno è fatto! Magari ordina un dek.

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