Fantasy… che?

Andando in giro a fare le presentazioni di Rethor&Lithil mi sono reso conto di non poter cominciare subito a parlare del libro. Il pubblico, chi più che meno, non ha infatti del tutto chiaro cosa sia il fantasy.
Come ha fatto notare Uva Elvis in un articolo sul mio libro, se si interroga l’Oracolo del 2000 (http://www.wikipedia.it/) le radici del fantasy vengono fatte risalire alle fiabe. Da un certo punto di vista è vero: la forza di questo genere è la possibilità di descrivere le situazioni attraverso il ricorso alle metafore, un meccanismo del tutto simile a quello delle favole.
Quando ero piccolo (ma la ascolterei volentieri anche adesso) mia nonna mi raccontava una storia di sua invenzione. Il popolo dei paperi è oppresso da quello dei topi. I topi arrivano all’improvviso, armati fino ai denti, e attaccano i paperi che sono costretti a rifugiarsi nei fienili. Solo dopo molti anni ho capito che mia nonna mi stava raccontando la sua esperienza della dominazione dei tedeschi in Italia. E lo faceva attraverso una metafora per rendere le immagini comprensibili a un bambino.
La storia del fantasy fa un lungo passo in avanti e passa dall’esperienza della narrazione a quella del romanzo cavalleresco. Re Artù, al pari delle saghe nordiche, tracciano una via che resterà per sempre tra le caratteristiche del genere: il tema del viaggio, materiale ma anche spirituale, quello del gruppo di eroi composto da personaggi che compensano con le loro capacità le lacune dei compagni, la ricerca di un oggetto magico di straordinaria importanza come il Graal.
La successiva tappa ci porta a Tolkien e alla svolta costituita da Il signore degli anelli. Ne avevo già parlato quasi due anni fa. L’importanza di Tolkien è così grande da aver generato un paradosso del tutto italiano: a differenza di quello che succede nelle altri parti del mondo noi distinguiamo il fantasy, il filone che deriva direttamente da questa saga, rispetto al fantastico, i romanzi che hanno elementi apparentemente lontani dal mondo reale.
Poi sono venuti il femminismo della Bradley, la rivisitazione tolkeniana di Brooks, l’arguzia di David Eddings, i libri che fanno da ambientazione ai giochi di ruolo, i geni assoluti come Weis&Hickman o R. A. Salvatore. E, purtroppo, anche una certa deriva del fantasy verso la commercializzazione un po’ troppo fine a se stessa (i film di Natale, i libri per bambini, i tomi in formato XXL), quella stessa deriva che fa pensare a molti di trovarsi di fronte a un genere letterario di serie b.
Il giudizio finale? Se guardo l’inizio della storia il verdetto è senz’altro l’assoluzione con formula piena, mentre se guardo la fine… non mi resta che appellarmi alla clemenza della corte.

Commenti

Anonimo ha detto…
Interesting to know.

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