Carlo Fruttero e Fabio Fazio

Domenica sera, Fabio Fazio, Rai Tre, Che tempo che fa, ospite Carlo Fruttero.

(Parentesi: Fruttero è un genio. Ne sono più che convito. Qualche tempo fa si è presentato al Teatro La Fenice per il Campiello con indosso un paio di scarpe gialle, un po’ azzardate per un uomo della sua età. Dice di averlo fatto, oltre che per la comodità di quelle calzature, anche per citare La dodicesima notte di Shakespeare, in cui compare un servo innamorato della regina a cui i compagni consigliano di indossare un paio di scarpe gialle: è quello, infatti, il colore più amato dalla sovrana. Solo che la sovrana in questione non apprezza il gesto e fa allontanare il servo. Però, Fruttero, mi perdoni: non ha pensato che abbandonarsi a queste citazioni porti sfortuna? Poi non può lamentarsi se al Campiello si è classificato ultimo! Certe cose ce le tiriamo addosso da soli. Godetevi un video sul tema.


Chiusa parentesi).

“Parliamo di questo libro?” chiede Fazio esibendo l’ultima fatica del lucidissimo scrittore torinese, Ti trovo un po’ pallida, una riedizione di un racconto sui fantasmi di quasi trent’anni fa.
“Ovviamente” sembra pensare Fruttero. “Sono qui apposta.” E invece no: sfruttando la consuetudine che regala a ogni persona over ottanta la possibilità di dire quello che vuole in qualunque contesto senza imbarazzo o paura di essere contraddetto o commiserato, Fruttero rivela il meccanismo che ha portato all’uscita del suo ultimo libro.
“Molti dei suoi spettatori” dice a Fazio “ricorderanno la mia partecipazione di un anno fa a questa trasmissione. Una parte di questi quattromilioni di suoi adepti [leggasi spettatori] è andata a comprare il romanzo Donne informate dei fatti. Ma adesso è passato un anno e quelle stesse persone reclamano un altro libro. Così, insieme all’editore, abbiamo deciso di ripubblicare questo racconto uscito nel 1979, allungandolo con qualche curiosità sulla sua stesura.”
Silenzio. Un attimo di interminabile silenzio. Immagino gli ingranaggi del cervello di chi, come me, stava guardando la televisione in quel momento, rotelle che girano, stantuffi che eruttano come gayser. Fruttero ha ripubblicato un racconto, allungato come il vino con l’acqua, solo per motivi editoriali. Fin qui nulla di nuovo. L’ha fatto perché, a distanza di un anno, il pubblico che l’ha visto da Fazio vuole avere qualcos’altro di suo da leggere, anche se lui, nel frattempo, un altro romanzo non l’ha scritto. Ovviamente Fruttero va a presentare questa nuova fatica editoriale nello stesso salotto che l’ha visto protagonista un anno prima. E, come se non bastasse, non ha la minima ritrosia ad ammettere e svelare questi retroscena.
Per una volta il buon Fabio, sempre troppo bravo e buono, mi stupisce. Di fronte al silenzio imbarazzato del pubblico riesce a raffazzonare un (pressappoco) “Siamo talmente abituati alle persone che dicono cose di facciata, che ci stupiamo quando qualcuno ammette semplicemente la verità.”
E infatti anch’io sono stupito. Mi domando solo una cosa: quando anche il Buon Fabio sarà in vena di ammissioni e confesserà che la sua trasmissione (spassosissima, beninteso) si basa esclusivamente sulla partecipazione di soggetti che devono pubblicizzare cd, libri, film o concerti? Riusciranno autori, critici, spettatori… e forse anche gli stessi conduttori, a smettere di far finta di scambiare questa forma di pubblicità palese con un momento caratterizzato da presunti fini culturali e di divulgazione?
Magari, dopo la sortita di Fruttero, Fazio sarà finalmente colto dal dubbio e, forse, arriverà ad ammettere una realtà che è ormai sotto gli occhi di tutti. Anche perché nel frattempo il processo è mutato, è diventato più complesso, ha trovato sviluppi imprevisti. Si è trasformato da unilaterale in bilaterale: prima di Fruttero un prodotto (libro, cd, film o concerto) finiva nel salotto di Fazio spinto dal bisogno di nuovi spazi pubblicitari che attirassero gli spettatori grazie a una cornice accattivante, simpatica, ironica, e che impedisse loro di cambiare canale; dopo Fruttero il prodotto continua a portare con sé il bisogno di comparire a Che tempo che fa, ma questa apparizione genera una nuova aspettativa nel pubblico, che deve essere soddisfatta con la pubblicazione di un nuovo prodotto, che andrà presentato in tv e così via, come nella migliore tradizione del feedback che lega e unisce ogni cosa in un meccanismo circolare.
Insomma, la solita vecchia storia dell'uovo e della gallina, o del bisogno creato dalla risposta al bisogno stesso. Un'ultima cosa, tuttavia, non mi è per nulla chiara: ma c'è davvero bisogno di tutto questo?

Commenti

Anonimo ha detto…
Per contro ti invito a venire a considerare il caso del buon Terry Brooks sul mio blog, per farti capire quale può essere la differenza tra il sistema editoriale nostrano e quello americano. Qui si fa mercanzia di scrittori e scritti, là si fa tesoro, le cose sono ben diverse!
Andrea Borla ha detto…
Devo ancora comprare il suo ultimo romanzo, l'ho solo visto in libreria. Appena comincio a leggere ti mando un commento.

Sì, in America le cose funzionano in maniera differente, ma c'è una cosa che non possiamo dimenticare: lo stesso Brooks ha ammesso (in "A volte la magia funziona") che il suo accesso alle major dell'editoria è stato reso possibile da ragioni esclusivamente di mercato. La casa editrice aveva ri-pubblicato Tolkien e chi aveva comprato la trilogia voleva qualcos'altro di simile da leggere. Shannara attinge a piene mani dall'immaginario di Tolkien (e in questo modo lo trasforma da "libro" in "genere letterario") e il gioco è fatto. La logica non è tanto differente da quella di Fruttero, anche se "La spada..:" ha obiettivametne una consistenza molto diversa da "Ti trovo un po' pallida".

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