Librerie Coop

La Coop entra nel mercato delle librerie e io, da bravo Giovane Aspirante Scrittore Famoso nonché ex dipendente della Cooperativa più famosa d’Italia, entro nella prima libreria Coop. Il copione prevede un’inaugurazione in stile happening con tanto di presenza del Sindaco di Torino e immancabile polemica dell’opposizione. Perché? Perché l’apertura di un negozio di così grandi dimensioni in pieno centro (come se non ce ne fossero già tanti altri) rischia di causare immani danni ai concorrenti più piccoli.
Per nulla interessato all’happening, mi getto nella bolgia per un giro di perlustrazione. Si vede che la voglia di partecipare a un evento ha la meglio sia sulla crisi che sul disinteresse degli italiani per la lettura: devo sgomitare per farmi strada. Il motivo della mia presenza? Sembra che la libreria sia consacrata alle presentazioni degli autori, quindi tentar non nuoce. E se in futuro riuscissero a raccogliere anche solo la metà del pubblico di oggi…
Mi trovo di fronte a un locale di tre piani (di morbidezza) ma non vedo spazi così grandi per chi ama passeggiare in mezzo agli scaffali. Non vedo, ma sento le voci. “Fino a sei mesi l’agenzia chiedeva un sacco di soldi per la vendita” spiega alla fidanzata il solito ben informato. Qualcuno gli fa eco, ma con meno competenza: altro fidanzato, altra fidanzata, ma questa volta il racconto è di una puntata dei Simpson.
Passeggio a pian terreno e mi imbatto in un terzetto padre-figlia-altra-figlia-o-amica-della-figlia. “Diamoci delle regole” sancisce il genitore rivolto alle teenager. “Tra un’ora andiamo via”. Un’ora? In libreria? Sei convinto che resisteranno così a lungo? Guarda che non è una discoteca pomeridiana sullo stile “alle sette vi passo a prendere”. E dopo un’ora cosa succede: devi trascinarle via? Da una libreria? Secondo me non hai due figlie: hai due sante.
Primo piano. Una signora anziana chiede un libro di Terzani. La commessa si presenta con due volumi. “Ne sono uscite due edizioni” spiega “una da dieci euro, più economica, e una da quattordici con le parole scritte più grandi”. “Ma io ci vedo benissimo!” protesta l’arzilla e combattiva vecchietta. “Le propongo entrambe a tutti quelli che chiedono il libro” si salva in corner la commessa. Come sono lontani i tempi in cui mia nonna mi mandava in biblioteca a prendere i libri “senza parolacce, senza scene di sesso e soprattutto con i caratteri grandi”.
Torno da basso. Per le ricerche è disponibile un computer, con annessa fanciulla dall’aria disponibile, che offre l’accesso all’elenco dei libri disponibili. Ci provo. È un po’ autolesionistico, un po’ narcisistico, ma cosa mi costa? “Quale libro desidera?” chiede lei. “Cerchi” rispondo io. “Di Andrea Borla”. Click click click. Non c’è. Le dispiace. Ricontrolla. Click click click. Stesso responso. Le sorrido mentre mi allontano.
Stranamente non sono depresso, anzi, mi sento quasi felice. Perché? Non avranno la mia ultima creatura, ma nell’elenco che è comparso sul monitor ho potuto constatare che nella libreria sono presenti diverse copie di “Calcio nei coglioni”, un’imperdibile guida alle truffe nel mondo del pallone, con un pregevolissimo doppio senso nel titolo. Con libri così, se non hanno Cerchi non è poi un dramma.
Esco senza passare alla cassa e mi incammino per via Roma. Supero piazza San Carlo e mi infilo nella mia libreria preferita, quella in cui ogni tanto vado a leggere a sbafo. C’è molta meno gente del solito e non devo litigare con nessuno per trovare posto. Mi siedo e sfoglio con tutta calma un pesante volume di Araki, il fotografo giapponese che ritrae donne nude legate da corde intricatissime. Non ho ancora capito cosa ci trovi la gente di tanto entusiasmante, ma uno scatto di una sua Polaroid costa sui millecinquecento euro. Misteri del mercato dell’arte moderna.
Nessuno mi disturba. Mentre giro le pagine, mi viene in mente il mio amico Celeste che, tempo fa, consigliò a due arzille vecchiette di andare a vedere una mostra di Araki allestita nel paese in cui vivo. “È una mostra sul vintage” spiegò per convincerle. “Adoriamo il vintage!” risposero felici le due vecchiette ringraziando per il suggerimento.
Bondage, Celeste. Le donne nude legate con le corde sono bondage, non vintage.
Speriamo almeno che alle due signore non sia preso un infarto.

Commenti

Patty ha detto…
Ma i libri che prendevi per tua nonna li leggevi prima tutti tu per essere sicuro del contenuto?
Personalmente trovo questi sempre più iper centri commerciali abbastanza spaventosi; si salvano alcuni negozietti dentro, in cui sembra di entrare in un posto a sè
Betty ha detto…
Se usa la polaroid un po' di vintage ci sta... Scherzo. Anche io adoro la libreria di cui parli. poi c'è anche il bagno.
il mio sogno sarebbe un caffè letterario, un bar- libreria. Mi preoccupa solo che nel posto dove vivo non attecchisca. Ripensando al fotografo giapponese però e ai libri proibiti di tua nonna...
Andrea Borla ha detto…
@Patty: no, chiedevo alla bibliotecaria e mi fidavo del suo responso. Non che ci prendesse tutte le volte, soprattutto quando sbirciava la quanrta di copertina prima di darmi un libro: era palese chenon l'avesse letto... E così mi nonna si lamentava con me. Inconvenienti di fare il nipote...

@Betty: un bar-libreria con le foto di Araki appese ai muri nel tuo paesino di (mezza) montagna? Mi sembra un'idea veramente vincente! Al prete piacerebbe di sicuro ;)
Betty ha detto…
Il prete sarebbe felicissimo, nel mio paese di alta montagna: 1444 metri!!!!!

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