Sboccato
Sono sboccato e ben poco moralista. Lo ritengo un pregio, ma questa è un’altra questione. Eppure l’attuale sdoganamanto (che brutta parola!) delle parolacce, termine tanto caro a mamme e bambini e che mi ha sempre fatto sorridere, mi lascia molto perplesso.
Non è questione di quale sia il suo scopo (farci percepire i politici come più vicini a noi comuni mortali), ma il fatto che il processo, una volta avviato, è destinato a crescere esponenzialmente, trasformandosi in una piena inarrestabile. L’incazzamento, il vaffa, il coglione, lo sputtanamento e, giusto qualche giorno fa, lo stronzo. Ma oggi è già tempo delle minchiate stampate a otto colonne sulla prima pagina de Il Giornale e di Libero.
Il problema? L’educazione? No, in famiglia si sente molto peggio. La dignità che il carattere stampato, soprattutto nei libri, dà alle parolacce? Nemmeno, anche se questa è la tesi di Pennac. Ma no, quel che mi preoccupa di più l’istituzionalizzazione dell’insulto, l’idea che non esistano luoghi in cui il contegno e la serietà vincano sugli istinti. D’altronde, la serietà, oggi, non è molto di moda.
E i giudici? Eh, ovviamente ci si mettono anche loro. Non tanto tempo fa la Cassazione ha bollato come insulti bambino e Don Abbondio. Ma signori miei! Aggiornatevi, ve ne prego! È mai possibile che dobbiamo sempre farci ridere dietro? O insultare, nella peggiore delle ipotesi. Perché a uno che sostiene che bambino sia un insulto, a me viene da rispondergli con un sonoro vaffanculo.
Non è questione di quale sia il suo scopo (farci percepire i politici come più vicini a noi comuni mortali), ma il fatto che il processo, una volta avviato, è destinato a crescere esponenzialmente, trasformandosi in una piena inarrestabile. L’incazzamento, il vaffa, il coglione, lo sputtanamento e, giusto qualche giorno fa, lo stronzo. Ma oggi è già tempo delle minchiate stampate a otto colonne sulla prima pagina de Il Giornale e di Libero.
Il problema? L’educazione? No, in famiglia si sente molto peggio. La dignità che il carattere stampato, soprattutto nei libri, dà alle parolacce? Nemmeno, anche se questa è la tesi di Pennac. Ma no, quel che mi preoccupa di più l’istituzionalizzazione dell’insulto, l’idea che non esistano luoghi in cui il contegno e la serietà vincano sugli istinti. D’altronde, la serietà, oggi, non è molto di moda.
E i giudici? Eh, ovviamente ci si mettono anche loro. Non tanto tempo fa la Cassazione ha bollato come insulti bambino e Don Abbondio. Ma signori miei! Aggiornatevi, ve ne prego! È mai possibile che dobbiamo sempre farci ridere dietro? O insultare, nella peggiore delle ipotesi. Perché a uno che sostiene che bambino sia un insulto, a me viene da rispondergli con un sonoro vaffanculo.
Commenti
basta con le four letters dirty words, adesso la vera trasgressione diventerà usare un vocabolario forbito