John Turturro e il globish

Verrebbe da dire “l’hai fatto anche tu”. No, non è proprio così. Non mi sono mai eretto (espressione orrendamente ambigua) a difensore dell’italiano. Mi piace constatare come la lingua cambi in continuazione e soprattutto mettere in evidenza la follia di una fornace sempre accesa che genera espressioni di cui nessuno sente il bisogno.
I principali colpevoli di questa depravazione sono noti a tutti: i politici e i giornalisti, o il cocktail delle due figure. Chi oltre a loro può dare vita a espressioni come “la logica dei due forni” tanto in voga in questo periodo pre-elettorale? Chi, oltre a loro, può sperare non solo di salvarsi dalla giusta lapidazione ma anche di essere osannato per una così orrenda trovata?
In più di un’occasione ho stilato vere e proprie liste di queste formule, che mi sono servite per descrivere gli anni che passano. Mi sembra di aver così rappresentato un (brutto) fatto di costume, quello di appiccicare un’etichetta a qualunque situazione solo per destare l’attenzione del pubblico, di rendere più facile il ricordo di un’espressione in sé piuttosto che del fatto che le sta dietro e l’ha generata, di sintetizzare qualcosa che non deve per forza essere sintetizzata. Chi si ricorda, per esempio, cos’erano “il patto della crostata” o “il principio della porta girevole”?
Constato tuttavia che negli ultimi mesi la difesa dell’italiano è sempre più di moda. Qualcuno si schiera contro la nuova lingua che la sta sostituendo, quella degli sms, dei blogger e di internet (nuova? Ma non vi siete accorti che è già passata anche quella?). Altri se la prendono con i modo di dire ripetuti a pappagallo (Fai tardi nella pausa? “Era lungo questo caffè!”. Chiedi per quando dovrai consegnare un lavoro? “Per ieri”. La sirena di un’autoambulanza in sottofondo? “Vengono a prenderti!” e così via). Altri ancora stemperano i propri guai nella contemplazione di quelli altrui e se la prendono con il globish, la semplificazione dell’inglese comprensibile in tutto il mondo tranne che in Gran Bretagna. Fino a Stefano Bartezzaghi che sulla Repubblica si scaglia contro “un linguaggio scalzo e scravattato fatto di neologismi umoristici, di tormentoni e usi informali che perpetua la propria medietà”. Eh?
Altri ancora, tra lo snob e il grezzo, riscoprono i dialetti, viva alternativa o fonte del vero italiano. Torino, Teatro Carignano. John Turturro, passaggio pubblicitario di Fabio Fazio in prima serata, tutta la crème de la crème torinese schierata per assistere alla prima de Le fiabe italiane. Ah, Calvino! Adorabile! Mezzo in inglese con i sopratitoli, mezzo in siciliano. Il problema? La parte in inglese si capiva benissimo, senza alcuno sforzo. Quella in italiano era incomprensibile.
Cosa scelgo tra i due? Il globish, ovviamente, senza alcun dubbio.

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