Racconti, laboratori di scrittura, conferenze, show di arte varia

"Andrea Borla è uno scrittore del territorio" mi introduce la professoressa.
"Braccia rubate all'agricoltura" penso. Però mi è andata meglio di quando, anni fa, mi hanno definito uno "scrittore in erba". Il mio pusher ringrazia.
Dopo il diploma sono venuto diverse volte all'Istituto Fermi di Cirié a parlare di scrittura, a parlare di libri, a leggere i racconti scritti dagli studenti. Ma principalmente a dimostrare che un ragioniere laureato in economia e commercio  non vive di soli numeri e che sa firmare senza ricorrere alla ics. E che scrive storie e pubblichi romanzi. Stupore generale.

Una voce si alza in mezzo alle tre classi in attesa di entrare nella sala. "Se dovete scorreggiare fatelo qui fuori, prima che cominci la conferenza". Risate, gomitate, sguardi folgorati.
"A volte è bene rispolverare anche i consigli più ovvi" penso mentre prendo posto e guardo un'ottantina di geometri mettersi rumorosamente seduti per sorbirsi, il più possibile comodi, due ore di chiacchierata, laboratorio di scrittura, conferenza, show di arte varia.

Ogni volta che sto con gli studenti recupero ottimismo. Ho letto tanti e tanti racconti, per concorsi, per antologie o per diletto. Ma quando mi capitano tra le mani quelli scritti da loro mi ritrovo a sorridere: vuol dire che c'è ancora speranza...
"Ma leggere serve per imparare a scrivere?"
"Io leggo una trentina di libri l'anno ma..."
"Minchia raga, io ne leggo zero!"
...speranza... Diciamo "un po' di speranza" ma senza esagerare.

L'anno passato mi avevano stupito soprattutto i racconti delle ragazze. Le sedicenni aprono squarci su storie di vita con un andamento tanto inevitabile quanto accolto con naturalezza: la ricerca dell'amore, la famiglia, i figli... immagini che molte giurerebbero di rifuggire se interrogate a proposito. Eppure due tendenze si scontrano nel gioco degli amori di questa generazione uguale a tante precedenti: da un lato il ridimensionamento dei propri obiettivi dal ragazzo dei sogni, bello ma vuoto, a quello meno appariscente, simpatico e di buon cuore; dall'altro il farsi belle per affrontare il rito della conquista (il vestito, la parrucchiera mentre "le scarpe erano ancora un'incognita") perché per conquistare bisogna trasformarsi, allontanandosi dall'immagine che abita lo specchio. 

"Ma se voi doveste scrivere una storia..."
"Un giallo in cui trovano un cadavere nel bagno della scuola"
"E chi lo trova?"
"La bidella mentre sta pulendo"
"Una bidella che pulisce? Ma allora è un racconto di fantascienza!"

Getto uno sguardo alla ricerca della pecora nera, ma non la trovo. In fondo a sinistra giocano con qualche app scaricata sul cellulare (e sfidano la professoressa... e la professoressa perde), più avanti lui e lei si tengono per mano, a destra un ragazzo con la sciarpa del Toro è il mio candidato ideale ma... No, non riesco a individuarla. Peccato: non ho nessuno da stuzzicare. E allora parlo di struttura del romanzo, di mercato editoriale, di ruoli nell'editoria, di climax e di sinossi, di tutto quello, umiliazioni comprese, che i miei colleghi più o meno famosi terrebbero nascoste e che io, invece, metto in bella mostra.

"Cercate di seguire" intima la professoressa. "Queste non sono due ore di intervallo"
"Nooooooooooo!!!". Grida di delusione dalle prime file.

Improvviso un racconto insieme a loro: un giallo, un cadavere da giustificare, tanti sospettati, tanti moventi, un solo colpevole o anche più di uno. Infilo nella miscela i classici bulli che spacciano droga a scuola, ma leggo sui volti degli studenti un "che cosa improbabile". E allora ricordo che anche l'anno passato questa positiva provincialità mi aveva stupito. Risaltava ai miei occhi non tanto ciò che c'era in quei racconti, ma quello che mi sarei aspettato e che invece mancava: "la quotidianità nella vita di loro coetanei, divisi da poche decine di chilometri ma lontanissimi per contesto sociale, fatta di sopraffazioni, difficoltà di adattamento al contesto multirazziale della città, droga e spaccio.

"Ma lei cosa pensa dell'utilizzo di sostanze stupefacenti per aumentare la creatività?"
Ecco, cosa ne penso... Quando suona la campanella? Adesso? Benissimo. Grazie ragazzi, grazie dell'attenzione e della partecipazione. Siete stati deliziosi ad ascoltare quello che avevo da dire. E soprattutto di non aver scorreggiato in questo seminterrato chiuso. Bisogna sempre dare aria alle idee ma... a volte è preferibile farlo in senso figurato.

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