Il Decalogo – Nota del curatore

Il miglior modo per farsi dei nemici è curare una raccolta di racconti.

Così cominciava Pater Noster – Dodici vittime per cui pregare, la raccolta che precede Il Decalogo e che ne costituisce in qualche modo il punto di origine. Subito dopo la pubblicazione, infatti, in diversi mi hanno chiesto quando sarebbe arrivato il seguito. Alcuni hanno desistito di fronte alle mie risposte evasive o poco credibili (Devo ancora scegliere la preghiera a cui ispirare la raccolta, sto pensando di coinvolgere solo scrittrici e concentrarmi sull’Ave Maria…) mentre altri sono rimasti in attesa.
Devo confessare che, ancor prima di avere in mano la mia prima copia di Pater Noster, avevo pensato al suo seguito. Immaginavo dodici nuovi racconti sulla stessa preghiera, una raccolta che si differenziava dalla prima grazie al sottotitolo Dodici racconti dietro le sbarre. Gordiano Lupi e Fabio Izzo mi hanno convinto a cercare un altro riferimento a cui ispirarsi.
“Scriviamo sui Dieci Comandamenti” ha proposto Fabio.
Un’idea cosi non poteva che venire da lui, profondo conoscitore della Polonia e dei suoi artisti e letterati: il riferimento a Kieslowski era velato ma presente, tanto da farmi venire in mente il me stesso sedicenne costretto a trascorrere le ore di religione nella sala audiovisivi della scuola guardando film in polacco sottotitolati. “E stata pura gioia” direbbe un amico.
Gli scrittori che si sono uniti a noi in questa avventura appartengono a insiemi distinti: alcuni hanno trascorso anni senza scrivere per Il Foglio Letterario, e sono stati coinvolti in una specie di ritorno all’ovile (Fabio Beccacini con Non commettere atti impuri o Stefano Pastor con Non avrai altro Dio all’infuori di me); altri rappresentano le collane che la casa editrice ha positivamente lanciato in questi anni (Federico Guerri con Non nominare il nome di Dio invano e Maurizio Cometto con Non uccidere); altri non si erano mai avvicinati al mondo del Foglio che, arrivato a tre lustri di vita, e quanto di piu vicino al concetto di famiglia che l’editoria può generare (Bruno Osimo con Non desiderare la donna d’altri e Valerio Gaglione con Non desiderare la roba d’altri).
Sono soddisfatto dalle pagine che vi hanno portato fino qui. Lo dico perche sono convinto che la forza di questi racconti, e l’alternarsi delle forme e degli stili, siano stati in grado di produrre l’apparente contraddizione di un risultato al contempo variegato e omogeneo.
E questo che speravo: testi in grado di stupire il lettore (Io sono il Signore Dio tuo di Alessandro Cascio), di spiazzarlo (Non rubare di Frank Solitario e Ricordati di santificare le feste di Fabio Izzo), di portarlo a meditare (Onora il padre e la madre di Laura Sartori, un racconto che ha come protagonista la malattia e non le persone che si muovono attorno ad essa o Non dire falsa testimonianza di Enrico Miceli, un testo di denuncia dai toni forti).
Un’altra domanda che mi tormenta quando presento una raccolta curata da me è “Come hai scelto gli autori?”. Sono ottimi scrittori. Punto. Molti di loro sono cari amici che ho incontrato in questi anni con Il Foglio Letterario. Altri rappresentano scoperte che questa esperienza mi ha consentito di fare. Non ci sono motivi reconditi. Chi crede a questa affermazione può continuare a leggere la nota del curatore. Chi non ci crede… può attendere qualche giorno e scoprire la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità.  Ma sappiate che siete dei malfidati.
Come in Pater Noster, anche qui c’è una sola donna. “Come mai?”, “Le quote rosa?”, “Non potevano essercene di piu?”, “Cosa pensi delle scrittrici italiane?”, eccetera. Sì, c’è una sola donna, Laura Sartori. Se e quando scriveremo una raccolta ispirata all’Ave Maria vedrete che saranno tutte donne e, forse, la smetterete di fare domande che non prevedono risposta.
Dal canto mio ho voluto contribuire presentando due testi: al primo ho affidato il compito di creare la cornice in cui incastonare i racconti sul Decalogo, basato sul comandamento che vedo quotidianamente violato in questi anni di crisi, Non perdere la speranza; il secondo presenta la versione in negativo del rivoluzionario comandamento proposto da Gesù nel Nuovo Testamento, quel Ama il prossimo tuo come te stesso a cui ho contrapposto un lapidario Non amare. Questi due racconti, nuovamente, proiettano la raccolta nel mondo di Piero Scacchi, il mio doppio oscuro rinchiuso in un carcere torinese. Molto dovrà ancora uscire dalla sua penna, e dalla mia. Il Decalogo è solo un’altra tappa del nostro cammino assieme.

Cosa riserverà il futuro? Dopo questi due capitoli pare inevitabile una conclusione della serie, il terzo volume di una trilogia che non ha ancora un volto. C’è solo uno spunto, un seme lasciato anni fa nel terreno della creatività che, forse, potrebbe portare frutto. Don Michele ha firmato una sorta di cambiale in bianco nelle ultime pagine di Pater Noster: è stato aiutato a salvare una vittima innocente finita in carcere e nulla gli è stato chiesto in cambio. Verrà il momento in cui Piero Scacchi e i suoi amici si presenteranno dal sacerdote per chiedergli di saldare il conto? Quel momento non e ancora arrivato. Per ora.

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