Décadence – Luigi Sperduti

Molti scrittori esordienti o meno sono più che convinti che una buona prefazione sia determinante per aumentare le possibilità di successo del proprio libro. “Il pubblico lo comprerà se non altro per il nome (altisonante) dello scrittore che si è premurato di parlare bene del romanzo.” Il trucco è ben conosciuto, e lo possiamo mettere accanto ad altri ancora più efficaci come quello della fascetta.
Per fortuna ci sono centinaia di esempi di autori davvero bravi il cui libro risulterebbe vincente anche senza la prefazione di questo o di quel Big. È più che evidente che in questi casi il preambolo diventa quasi la ciliegina sulla torta, il completamento che rende l’opera ancora più gustosa, soprattutto quando il Big in questione dimostra di aver letto il libro prima di aver cominciato a scriverla.
Per fortuna ci sono centinaia di esempi di autori davvero bravi il cui libro risulterebbe vincente anche senza la prefazione di questo o di quel Big. È più che evidente che in questi casi il preambolo diventa quasi la ciliegina sulla torta, il completamento che rende l’opera ancora più gustosa, soprattutto quando il Big in questione dimostra di aver letto il libro prima di aver cominciato a scriverla.
(Ok, poi c’è il caso di una prefazione scritta da un idolo del pubblico che riesce a essere dannosa per il lettore, ma voglio considerarlo alla stregua di un dettaglio del tutto trascurabile).
Nonostante queste eccezioni, sono convinto che la prefazione sposti davvero poco nell’economia di una pubblicazione: se è bella è bella già di per sé, se è brutta resterà tale, e non sarà certo una manciata di pagine all’inizio del libro a cambiarne la natura. E se questo vale per i volumi che si fregiano dell’intervento di nomi presenti nella Top Ten settimanale della letteratura, figuriamoci se a scrivere l’introduzione è (soltanto) un Giovane Aspirante Scrittore Famoso (G.A.S.F.).
È il caso di Décadence – Immagini introverse – di Luigi Sperduti, una raccolta di versi pubblicata da Nicola Pesce nell’ambito del concorso DUCAS, i cui componimenti sono anticipati da una mia prefazione.
Nonostante queste eccezioni, sono convinto che la prefazione sposti davvero poco nell’economia di una pubblicazione: se è bella è bella già di per sé, se è brutta resterà tale, e non sarà certo una manciata di pagine all’inizio del libro a cambiarne la natura. E se questo vale per i volumi che si fregiano dell’intervento di nomi presenti nella Top Ten settimanale della letteratura, figuriamoci se a scrivere l’introduzione è (soltanto) un Giovane Aspirante Scrittore Famoso (G.A.S.F.).
È il caso di Décadence – Immagini introverse – di Luigi Sperduti, una raccolta di versi pubblicata da Nicola Pesce nell’ambito del concorso DUCAS, i cui componimenti sono anticipati da una mia prefazione.
Il primo interrogativo in essa contenuto è riservato al senso e al peso che oggi può essere attribuito a questo mezzo espressivo, quasi universalmente considerato più desueto che di nicchia. È questo un tema dibattuto su più fronti, che vede spesso esprimersi (ovviamente a favore) quasi esclusivamente coloro in qualche modo coinvolti e interessati in veste di autori, critici o editori. Ho l’impressione che questo coro di voci entusiaste sia ben lontano da rappresentare l’unanimità del pubblico e che sia possibile udirne la presenza solo perché avvolto da un silenzio distratto.
Eppure sono e resto tra quelli che credono fermamente nella necessità di resistere senza demoralizzarsi di fronte a chi considera i versi più bizzarri che elitari, e di conseguenza ne deride gli autori senza preoccuparsi di compiere alcuno sforzo per comprendere ciò che ignora.
È in questo contesto che "…il poeta del nuovo millennio appare (…) in tutta la dignitosa assenza di maestosità che lo contraddistingue: è una sorta di viaggiatore stanco, è privo di mecenati, non fa della scrittura la sua fonte di sostentamento e si ostina a rivolgersi (anche e soprattutto) a chi pensa di avere cose ben più concrete della poesia a cui pensare."
La speranza è che, come nel caso di Sperduti, questi poeti vengano in qualche modo ascoltati, anche solo perché, in fondo, “c’è sempre uno spiraglio di luce/in ogni vita/in ogni animo”.
Eppure sono e resto tra quelli che credono fermamente nella necessità di resistere senza demoralizzarsi di fronte a chi considera i versi più bizzarri che elitari, e di conseguenza ne deride gli autori senza preoccuparsi di compiere alcuno sforzo per comprendere ciò che ignora.
È in questo contesto che "…il poeta del nuovo millennio appare (…) in tutta la dignitosa assenza di maestosità che lo contraddistingue: è una sorta di viaggiatore stanco, è privo di mecenati, non fa della scrittura la sua fonte di sostentamento e si ostina a rivolgersi (anche e soprattutto) a chi pensa di avere cose ben più concrete della poesia a cui pensare."
La speranza è che, come nel caso di Sperduti, questi poeti vengano in qualche modo ascoltati, anche solo perché, in fondo, “c’è sempre uno spiraglio di luce/in ogni vita/in ogni animo”.
Commenti
Giacomo
Arezzo
e in fondo, tornando all'ultima frase del tuo post in cui citi un piccolissimo verso di una delle poesie, come dice anche un cantante un pò poeta "certe luci non puoi spegnerle" (malgrado tutto..)
la copertina è fatta da me, ma era solo un abbozzo.La casa editrice "ritenendola valida" l'ha stampata così.
per quanto riguarda il contenuto non posso esprimermi, sarei di parte.
quindi lasciate perdere non compratelo.
un grazie ad andrea
Luigi S.
La qualità di stampa mi sembra buona e anche l'impaginazione. Il prezzo è abbordabile (ho visto raccolte di poesie molto più striminzite a prezzi deicamente più alti). Il contenuto è buono, ovviamente a mio parere, se no non avrei nemmeno perso tempo a fare la prefazione. Sì, è un buon accquisto, come dice giustamente Giacomo.