Pater Noster @ Mood 09.06.2010


Ci sono presentazioni che riescono meglio, altre che stentano, altre ancora che, nonostante gli sforzi, sono un disastro. Per fortuna, quella di giovedì 9 giugno da Mood rientra nella prima categoria.
Fabrizio Fulio Bragoni e Dario De Vecchis si sono palleggiati gli interventi, riuscendo a mettere in evidenza elementi molto particolari della narrazione e dei singoli racconti.
Un tema che sinora non era stato affrontato stato proposto da Bragoni: l’effetto che la meditazione sul Padre Nostro ha nell’animo di Piero Scacchi. Non c’è una vera e propria conversione, ma una scalfittura della monolitica negazione del bisogno di trascendenza che da sempre caratterizza questo personaggio. Se Nietzche sosteneva che se guardiamo troppo a lungo nell’abisso anche l’abisso guarda in noi, per Piero Scacchi vale una regola analoga: se si guarda troppo il cielo, anche il cielo finisce per guardare in noi.
Dario De Vecchis conclude il suo intervento con una ricercata citazione da “Il Conte di Montecristo” di Dumas, che ben si adatta non solo per le vicende di Amen ma anche a tutta la raccolta: "la civiltà ci ha imposto delle necessità, dei vizi, delle bramosie fittizie che giungono spesso a soffocare i nostri buoni sentimenti e ci conducono al male. Di qui la massima 'se vuoi scoprire l'autore d'un delitto, cerca anzitutto a chi il delitto può essere utile'".
Alessandro Del Gaudio porta all’interno del suo “Venga il tuo regno" gli elementi caratteristici della sua produzione letteraria di carattere intimistico. Un racconto come il suo, in cui la vittima è presentata in maniera metaforica, presenta riferimenti alla musica e alla poesia, una particolare attenzione ai sentimenti e i personaggi immersi in atmosfere soffuse.
Maurizio Cometto rivela di aver scelto il versetto “Come in cielo, così in terra” perché rappresenta una delle basi dell’esoterismo e di una parte dell'astrologia, argomenti che l'hanno affascinato. Il rapporto tra il bambino e il frate del racconto, da prima vicino, poi sempre più lontano, è inoltre metafora del maturare del rapporto tra lui e la Chiesa, che passa da un coinvolgimento quasi imposto a una critica che presuppone un consapevole e misurato distacco.
Matteo Gambaro non giustifica né la vittima né il carnefice del suo “Ma liberaci dal male”. Il dilemma morale presentato nel racconto, tuttavia, fa da specchio al soggetto che esce peggio dalla narrazione: “gli altri”, le voci della gente indistinta che resta sullo sfondo e si limita a giudicare. L'alternarsi di diversi piani temporali rendono avvincente la narrazione di fatti che, purtroppo, sono di quotidiana attualità.
E infine il palleggiamento. Una domanda di De Vecchis, una di Bragoni, una di De Vecchis e una di Bragoni, come in uno scambio di colpi da una parte all’altra del campo da tennis o come la palla che viene fatta rimbalzare da Dario sul pavimento tra lo stupore dei presenti. La volta precedente era toccato a una matassa. Ma con quella, effettivamente, è difficile palleggiare.

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