Editoria e pallone
L’altra sera a Ballarò sentivo parlare di calcio e scandali più o meno annunciati. Uno dei commentatori sosteneva che il più grande crimine commesso dalla premiata ditta Dirigenti-Arbitri-Designatori-Giornalisti-Amici è stato quello di uccidere i sogni di chi credeva nel calcio. “Dobbiamo salvaguardare i sogni dei piccoli tifosi” concordava un altro personaggio con un tono tra il retorico e il melenso prima di aggiungere che i colpevoli sono quelli “che hanno trasformato il calcio in un’industria.” A quel punto mi sono chiesto: non vale lo stesso anche per l’editoria? Il calcio è un gioco trasformato in business. I libro sono (dovrebbero essere?) cultura, ma ormai si avvicinano più al concetto di prodotto che di opera. Le società giocano per vincere, perché vincere è guadagnare: pubblicità, sponsor, diritti televisivi e, assurdità delle assurdità, squadre che si fanno anche quotare in borsa. Gli editori pubblicano per guadagnare (i santi sono finiti e gli idealisti in via di estinzione...